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DIRITTI UMANI - presentazione
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Words from the edge
N.A.Di.R. informa: per gentile concessione di Lance Henson e Francisco Cabanzo vi proponiamo il tour in Italia di un gruppo di poeti nativi americani organizzato dall'Assoc. Italiana Huka Hey e dallo stesso poeta Southern Cheyenne Lance Henson. La descrizione attraverso la poesia delle reali condizioni nelle quali versano i nativi del continente nord americano. Vittime della feroce colonizzazione i popoli della terra tutt'oggi subiscono continue vessazioni ed ingiustizie da parte dei governi cui sono sottoposti. La salvaguardia della ricca cultura che li caratterizza passa attraverso la melodia della poesia così vicina al loro spirito che, malgrado la persistente azione repressiva, continua a volare urlando al di là dello spazio e del tempo riempendo l'anima di chi l'ascolta.
Partecipano al reading di poesia:
Lance HENSON – Southern Cheyenne (Tsististas)
Laura TOHE – Navajo (Diné)
Kateri AKIWENZIE-DAMM – Chipewa (Anishnaabe)
Direzione: Lance Henson ; Federico Lanchares
Testi: Lance Henson ; Federico Lanchares ; Francisco Cabanzo
A Peyote Productions
Fonte: Arcoiris Bologna
part 1
part 2
 
Long Train of Abuses takes a look at the issues that First Nations in Canada are experiencing. We also take a look back at the blockades and confrontations of the past between Canada and The First Nations People.
 
Guarda il filmatoNADiRinforma incontra Lance Henson (1° parte)
 
Lance Henson, Tsististas (Cheyenne del Sud) cresciuto in Oklahoma con la sua tribù, portavoce delle culture native di tutto il mondo a Ginevra dal 1988. Poeta tra i più rappresentativi della letteratura americana contemporanea. Laureato in scrittura creativa presso l'Università di Tulsa, ha pubblicato 23 libri di poesie, già tradotti in 25 lingue. La sua opera compare nelle principali antologie scolastiche, quale rappresentante, insieme a Walt Whitman, della poesia nordamericana. Membro della Chiesa Nativa Americana e fa parte del Dog Soldier Clan (la più importante confraternita dei guerrieri cheyenne) dal 1978, da più di 30 anni è attivamente impegnato nella lotta per i diritti dei Cheyenne e delle popolazioni indigene del mondo.
“Credo che il grande problema oggi, che esistono molti dogmi politici, religiosi, mediatici e nella cerchia politico-religiosa e proprio a queste due non dovrebbe essere mai permesso di essere al potere. Perché non possiamo rappresentare una società con forte coscienza politica, intellettuale e al tempo stesso avere una profonda consapevolezza spirituale ? Perché dobbiamo sostenere un approccio politico-religioso e dogmatico rispetto ai nostri punti di vista ? Il tutto è solamente per controllare ... e faccio riferimento al mio lavoro con i popoli nativi a Ginevra dal 1988 dove io li incontro e mi riunisco con loro, e così ho imparato cose molte importanti da loro: sono gli uomini che hanno fatto i confini, quei confini che sono chiamati nazioni, in realtà sono muri costruiti dall'uomo per mantenere gente dentro e fuori e conseguentemente per agire il controllo. La gente nel mondo pare sia smarrita, semplicemente smarrita; dove stanno i valori fondamentali ? Dove stanno le credenze ? Che possono fare sentire la gente forte ... Il maggior disturbo di cui soffrono i nativi è quello derivante dallo sradicamento forzato dalle loro terre, dalla loro cultura. La perdita di autostima e la sensazione di non servire più a nulla che ne sono seguita hanno indotto l'insorgere di diversi disordini mentali che trovano il loro minimo comune denominatore nella perdita dell'anima, nel vuoto vissuto e percepito.... Non possiamo permetterci di abbandonare le nostre culture, sarebbe come uccidere il nostro popolo ... e questo vale per tutte le culture native, in tutto il mondo”.
Guarda il filmatoNADiRinforma incontra Lance Henson (2° parte)
 
Prosegue la chiacchierata con Lance Henson, reduce dalla guerra in Vietnam, affrontando il tema delle guerre che sembrano sostenere una sorta di potere perverso nelle mani di pochi soggetti posizionati sulla cima della piramide sociale occidentale: “Dobbiamo guardare chi sta provocando questi massacri, li dobbiamo nominare, dobbiamo guardarli direttamente in faccia dicendo: “sappiamo chi ha fatto questo, dovete vergognarvene” . Dobbiamo vivere in un modo che unisca le persone contro queste forze.
Non fa nessun bene nascondersi da questi mostri, dobbiamo confrontarci con loro, dobbiamo identificare i mostri prima in noi stessi, perché non si può attuare il bene se non si è persone nel bene, diventa impossibile combattere i mostri. Questo è un lavoro che dura tutta la vita.”
Lance Henson è una delle grandi voci della letteratura americana contemporanea e lo dimostrano le innumerevoli traduzioni delle sue opere, delle sue poesie che appaiono persino nelle antologie scolastiche italiane, quale unico rappresentante, insieme a Walt Whitman, della poesia nordamericana”
Lance David Henson, nato a Washington, D.C. nel 1944 e cresciuto nell'Oklahoma occidentale con la sua tribù, è un poeta Cheyenne tra i più rappresentativi della cultura dei nativi d'America. Laureato in scrittura creativa all'Università di Tulsa, ha pubblicato 23 libri di poesie e la sua opera compare nelle principali antologie di letteratura dei nativi americani ed è stata tradotta in più di 25 lingue, e pubblicata anche in Italia. Membro della Chiesa Nativa Americana e capo del Dog Soldier Clan, ha partecipato numerose volte ai raduni del suo popolo come danzatore e pittore. Ha rappresentato la nazione Cheyenne al Gruppo di Lavoro delle Nazioni Unite per le popolazioni indigene e da più di 30 anni è attivamente impegnato nella lotta per i diritti dei Cheyenne e delle popolazioni indigene del mondo.
La poesia di Henson fonde la filosofia Cheyenne e le tradizioni
alla cronaca sociale e politica del mondo moderno .
Nelle sue parole, i destini degli ultimi, degli invisibili, dei senza voce dell'umanità tornano ad essere considerati in tutta la loro dignità e indispensabilità.
Quello di Henson è un «Canto di rivoluzione» vibrato con una potenza ancestrale capace di abitare il sussurro
Domodossola blues
To Paulo
Meet me at dawn baby
By the disheveled forest
We can watch the eyes of ancient wolves
Dancing in the blood of their enemies
There is room for everyone
Bring your souls and come on in
Theres no charge and as i know you have already paid
I saw you hiding in palestine so courageous and afraid
Four dreams ago
The were many hands waving goodbye
Hands without bodies
In a slow melodic mist
Touched by a tangerine wind
When i awoke you were standing by the trains
Calling toward the poems of paul celan
A blinded bird sitting on your shoulder
Whispering all the names of your mythic friends
Among the virtuous there are no more doors
The storms outside cosmic and nameless
Come in
Together we will enter the vast lives of thieves
in a cabin where outside there are no frontiers
as lost as pablo neruda
imprisoned on the shores of italy.....
january 18.07
ponticella italy
Lance Henson, Cheyenne- Tsististas (Wikipedia)
Lance David Henson, born in Washington, D. C. in 1944, is Cheyenne. He was raised on a farm near Calumet, Oklahoma by his great aunt and uncle, Bertha and Bob Cook. His great uncle was the groundskeeper for Chapter One of the Native American Church of Oklahoma. Lance was the last of five boys raised by this couple. He grew up living the Southern Cheyenne culture. He served in the U. S. Marine Corps after high school, during the Vietnam War, and is a graduate of Oklahoma College of Liberal Arts (now University of Science and Arts of Oklahoma) in Chickasha. He holds a MFA in creative writing from the University of Tulsa.
After ten years of conducting poetry workshops through the Artist in Residence program of the State Arts Council of Oklahoma, Lance began to travel, working both in the U.S. and in Europe.
Lance is a member of the Cheyenne Dog Soldier Society , the Native American Church and the American Indian Movement (AIM). He has participated in Cheyenne Sun Dance on several occasions as both dancer and painter.
Lance has published 17 books of poetry, half in the U.S. and half abroad. His poetry has been translated into 25 languages and he has read and lectured in 9 countries. His readings include the One World Poetry Festival in Amsterdam, the International Poetry Festival in Tarascon, France, and the Geraldine Dodge Poetry Festival in New Jersey. He has co-written two plays, one of which, Winter Man , had a successful run at the La MaMa Experimental Theatre Company . His play Coyote Road played to sell out audiences in Versailles, France in December 2001. A new remix of a jazz and poetry CD titled Another Train Rid e (1999) has appeared in collaboration with Brian Eno, titled The Wolf and the Moon, from Materiali Sonori, Milan, Italy (2001)
Lance represented the United States Information Service as a Featured Lecturer in Singapore, Thailand, New Guinea and New Zealand in 1993. He has also represented the Southern Cheyenne Nation at the European Free Alliance in Leeuwarden, Netherlands and at the United Nations Indigenous Peoples Conference in Geneva in 1988. He returned to speak at another conference there in 1997.
In April 2006 Words From the Edge will sponsor a mini-tour in Italy of Indigenous poets from endangered tribes, organized by Lance.
 
Awards
On Oct. 16, 2004, Lance was named to the Alumni Hall of Fame at the University of Science and Arts of Oklahoma in Chickasha.
In the summer of 1995, Lance had a residency at the Millay Colony for the Arts .
In the spring of 1993, he was poet-in-residence at the University of New Mexico in Albuquerque.
Lance had two books, Cheyenne Sketchbook and Another Distance , among the five poetry finalists in the 1992 Oklahoma Book Awards sponsored by the Oklahoma Center for the Book .
During the summer of 1992, Lance was in residence at the Mad River Theater in West Liberty, Ohio, where the play Coyote Road , co-authored with Jeff Hooper, was performed.
A Ford Foundation Fellowship supported Lance's attendance at the University of Tulsa.
prayer for the lenape
1
a flower waits a long time alone
in the shadow of its seed
what does it remember
that it does not give us
in its blooming
i hold a brown autumn leaf
it rests barely in this world
in my hand
soon the wind will arrive
with rain
the evening moving on
toward night
2
we will begin a journey
a blush of dark light among us
anointing in the late hour
these people made of dreams
3
after a long time remembering
there will be this phrase of night
where a sistered moon
will rise
over the river
and there you will be seen
a long way from sorrow 
concerto in four movements
1
this wind on your face awakens
a music of sadness
of fullness
where will you rest
against the song that deepens
your voice
or in the sorrow of a small hand
waving goodbye
2
i have watched a long time
the other shore upon which you climbed
drying the dreams
that have not stayed
in the river
3
in half light
we watch what happens
it keeps on happening
the shadow of its hands on our faces
4
where is the hour that remembers you
you untie from the unsteady
wings of the day
the words you have not spoken
out of the great whirl of exile
you will find your voice
in the solitude of a prayer
you will tie your name
to eternity
 
 
Words from the Edge
Profile of Lance at the Alumni Hall of Fame at the University of Science and Arts of Oklahoma in Chickasha.
Biography of Lance from the Dictionary of Literary Biography on Bookrags.com
Profile of Lance at Words from the Edge
Action Group Native Americans & Human Rights
A short biography from the Internet Public Library's Native American Authors Project
Canto di rivoluzione di Lance Henson
(Appunti da un incontro organizzato a Treviso nel 2000 dall'Associazione Filosofica Trevigiana)
“America è uno dei nomi dati dagli storici alla Terra dove viviamo e da altri despoti di vario genere. Tsistsistas è il nome del mio popolo. Viviamo in una riserva nel Montana e in Oklahoma. Non siamo ‘americani', né ‘nativi americani' né ‘indiani', questi vivono in India. Noi siamo ‘indigeni, Tsistsistas'.
Vi ringrazio per aver destinato parte del vostro tempo a questa conferenza... Tenterò di illustrarvi la situazione dei popoli indigeni in America e altrove. Mi sono incontrato in America con un docente universitario: porterà avanti il messaggio che non siamo più propensi a essere amministrati da Americani e a farci prendere in giro da loro. Non vi sto a raccontare quello che abbiamo lottato in 25 anni per questo progetto.
In America le tribù sono affette da cinque malattie mentali collegate al genocidio: questa sera dovevo essere con uno psicoterapeuta apache. Queste malattie (bipolarismo, stress, stress da combattimento in bimbi di età scolare, alcolismo, tossicodipendenza) sono collegate al trauma da genocidio ed etnocidio che continua contro gli indigeni del Canada, Mexico e di tutto il mondo. Di recente, i governi degli Usa, Canada, Australia, Nuova Zelanda hanno dichiarato che i popoli indigeni hanno diritti fintanto che questi diritti non vanno a scontrarsi con gli interessi dei loro popoli... Ci sono documenti ufficiali depositati presso l'Onu a Ginevra che testimoniano il genocidio perpetrato ai danni degli indigeni da parte delle potenze coloniali. Non sono congetture, ma fatti documentati. Il modo di vivere e i sistemi di conoscenza indigena contraddicono per lo più quelli occidentali. Non vogliamo imporre il nostro, ma vogliamo essere lasciati liberi di poter vivere così, di poter parlare la nostra lingua, di avere le nostre tradizioni legate alla Terra, alle Piante, agli Esseri Viventi.
Non si è avverato tutto questo, perché la potenza coloniale si basa sulla violenza.
Voi non siete il nostro nemico, a meno che non vi chiamiate Bush. Nella mia lingua voi siete ‘compagni di viaggio'. I nemici invece sono ‘piccoli ragnetti neri, belli ma mortali', legati al territorio... Il genocidio è una condizione in cui vivono quasi tutte le popolazioni indigene. Se entrerete in una riserva in Usa, lascerete fuori gli Usa per entrare in un Paese del Terzo Mondo. Nel mio popolo c'è un altissimo tasso di mortalità: tra i maschi in riserva l'età media è di 48 anni, mentre tra le donne è di 45-55 anni. E le statistiche parlano di dati peggiori per il futuro, viste le decisioni di Bush che permetteranno alle multinazionali l'estrazione dei minerali fossili nelle nostre terre. Quando fu firmato il Trattato, nel secolo scorso, essi volevano i terreni agricoli. Lasciarono per questo i terreni sterili alle tribù degli indigeni, ma non sapevano che essi galleggiavano sui minerali fossili. E anche sull'acqua, che oggi comincia a scarseggiare. Ora le multinazionali vogliono quei terreni. Alcune tribù si sono rifiutate. Così le multinazionali hanno trivellato da fuori quelle terre, impadronendosi del petrolio. Ma nessuno lo dice.
Non esistono conflitti tra gli esseri umani: sono creati dai Governi. Così noi subiamo un non riconoscimento dei confini politici, l'intolleranza della ricerca scientifica a riconoscere il Dna dei popoli indigeni e l'intolleranza del Governo che assolda a suon di dollari squadre della morte che distruggano i popoli indigeni. E così continua il saccheggio delle erbe medicinali, delle acque, dei giacimenti che appartengono alla Terra, non all'Uomo.
Non possiamo accettare tutto questo, perché influenza il mondo sia indigeno che occidentale. Non possiamo accettare neppure la religione, intesa come sistema di possesso del territorio.
Noi viviamo in modo partecipato le nostre cerimonie: serve una preparazione attraverso il digiuno per alcuni giorni. E si giunge alla ‘conoscenza'. Solo così riusciamo a percepire la radice mitologica della nostra conoscenza che deriva dal profondo legame soprattutto con le piante. Se ormai questa conoscenza non fa più parte della vita occidentale, ritorna sempre nei vostri sogni. E i corsi d'acqua – come siete fortunati qui a Treviso, avete un fiume bellissimo, un Grande Padre che attraversa la città, onoratelo e rispettatelo perché a non tutti è dato un simile dono – e le piante che vi crescono attorno attendono solo che voi ritorniate a casa...”
“sono qui
da dove il vento freddo arriva
dove il vento freddo va
dove il sole sorge
dove il sole tramonta
poteri dello spirito ascoltatemi
io sono un essere umano
io sono un essere umano”
“na shi neh
no tum
num haisto
ish i tsis iss i ni is
ish i tsis a kit a es
maiyun asts
nah tsistsistas
nah tsistsistas”
Lance Henson
Dog Soldiers *
Cheyenne
 
I *Dog Soldiers sono una delle più antiche confraternite di guerrieri del popolo cheyenne ed era comune anche nelle altre nazioni dei Nativi delle grandi pianure: Lakota, Arapaho, Kiowa, Comanche
“Lance non può permettersi di parlare senza soppesare le parole, perché lui è la voce del suo popolo, sia che parli a un giornalista o a un amico, sia che prenda la parola alle Nazioni Unite a Ginevra. E allora ti rendi conto del peso enorme che è costretto a sopportare come poeta e come ‘tsistsistas', il vero nome del popolo Cheyenne, che nella lingua tribale definisce ‘l'essere umano'. Lance Henson, inoltre, parla con la gentilezza tipica di chi è abituato a controllare la propria rabbia, di chi sa quanto male possano fare le parole: per questo egli le padroneggia, ordinate e nitide, come il suo inglese colto e perfetto.
Perché lo Cheyenne Lance Henson è una delle grandi voci della letteratura americana contemporanea e lo dimostrano le innumerevoli traduzioni delle sue opere, delle sue poesie che appaiono perfino nelle antologie scolastiche italiane, quale unico rappresentante, insieme a Walt Whitman, della poesia nordamericana”
(Auro Basilicò, Prefazione a Canto di rivoluzione).
Per maggiori info Associazione Mitakuye Oyasin di Vicenza,c/o Domenico Buffarini tel. 0444 500203.
(13/01/2005 Tg0-positivo)
Ti ricordi Wounded Knee?
AMERICHE
Il 29 dicembre 1890 centinaia di lakota minneconjou furono massacrati dall'esercito Usa. Nella memoria dei nativi questo luogo è il simbolo della resistenza

Daniele BARBIERI; Milena PATUELLI
«Con il massacro di Wounded Knee, il 29 dicembre 1890 contro i lakota minneconjou, l'esercito degli Usa fa il suo ingresso nel moderno sistema di guerra, impiegando un'arma automatica (la Gatlin) contro un gruppo di persone considerate ostili, ribelli secondo l'odierna terminologia di George Bush. Oggi l'omologo di quell'arma è montata sugli elicotteri Usa, al confine con il Messico o in Iraq». Lance Henson, poeta cheyenne, chiarisce: «Per me, per noi nativi questo non il è passato. È una visione occidentale pensare che il tempo funzioni così». «I fatti storici rimossi all'origine del massacro sono un chiaro esempio di operazione occulta. Il governo degli Stati uniti aveva bisogno di insegnare ai nativi resistenti il loro destino manifesto: è l'espressione usata, allora come oggi, da storici e strateghi per le politiche mirate a neutralizzare i popoli indigeni. Quel 29 dicembre i lakota minneconjou stavano obbedendo a comandi militari, spostandosi durante il gelido inverno per cercare rifugio al forte più vicino. Si fermarono per riposare e iniziarono la danza degli spettri: era una cerimonia offerta da un quasi messia (cioè un profeta indiano, le cui cerimonie erano il risultato della contaminazione con le religioni dei bianchi) della tribù Paiute che si chiamava Wovoka. La danza non aveva lo scopo di minacciare ma di riportare indietro i morti. Gli ufficiali, spaventati, decisero di disarmare i guerrieri che ubbidirono. Ma un giovane lakota sordo, disorientato da quanto succedeva, rifiutò di consegnare la sua arma. Un soldato cercò di strappargli il fucile e nella confusione partì un colpo. Questo diede il via al panico generale. Ai soldati fu ordinato di sparare contro persone innocenti e disarmate. Ci furono quasi 300 morti, la maggior parte donne e bambini. I corpi lasciati sul campo congelarono in un grottesco mausoleo del potere. Solo il mattino seguente i corpi furono sepolti in una fossa comune. Il Congresso conferì 20 medaglie d'onore ai soldati che commisero quel massacro. Adolph Hitler scrisse nel Mein Kampf di avere avuto l'ispirazione delle fosse comuni guardando le foto delle guerre fra indiani e bianchi».

La storia vive nell'oggi

La ricostruzione di Lance Henson non si discosta da quella storicamente più accreditata, come si può vedere rileggendo le testimonianze di Falco Rotante e Cavallo Americano ( Sul sentiero di guerra , Feltrinelli) o la dettagliata ricostruzione di Dee Brown in Seppellite il mio cuore a Wounded Knee (Oscar Mondadori). Ma quel modo di vedere la storia come definita una volta per sempre gli è estranea, come ripete più volte. Quel che accadde nel 1890 vive nell'oggi.

«Cosa possiamo imparare da Wounded Knee? Intanto è importante sapere che 83 anni dopo, quel luogo è entrato a far parte della resistenza dei nativi americani contro un destino di etnocidio e genocidio. Impariamo che il sistema coloniale degli Usa non ha cambiato le politiche di neutralizzazione verso le nazioni che non si conformano al concetto jeffersoniano di democrazia. Il dispotico governo statunitense finanzia eserciti, dalla Colombia all'Indonesia, per mettere in pratica metodi da genocidio anche contro pacifiche organizzazioni indigene, come nel luglio scorso hanno denunciato, al palazzo dell'Onu di Ginevra, i rappresentanti indigeni. Infine, occorre riconoscere che la lotta contro la tirannia non è terrorismo ma una resistenza dell'umanità per rimanere umana».

Cosa accade, 83 anni dopo, a Wounded Knee? Alcuni militanti dell'Aim (American Indian Movement) occupano - per 71giorni - quel luogo per protestare contro la politica del governo verso i nativi. Il quotidiano Washington Post scrive: è l'occasione per «seppellire una parte della vergogna della nazione». Ma le forze federali attaccano: due nativi vengono uccisi. Nel 1975, in quei luoghi un altro scontro armato o più probabilmente una provocazione: due agenti federali muoiono, inizia la persecuzione contro Leonard Peltier, Russell Means, Dennis Banks dell'Aim.«Per noi - racconta Lance Henson - non esisteva neanche un luogo dove parlare. Nel `76 andammo alla sede Onu di Ginevra, c'erano soprattutto mohaws: nessuno volle ascoltarli, anzi non li fecero proprio entrare; ma nel `77 riuscimmo a prendere la parola. Poi vennero quelli del Sud America, gli altri sottomessi all'Urss e tanti ancora: resta l'unico spazio internazionale per i nativi. Dal `78 esiste una sessione formale sui popoli indigeni. Credo che in realtà tutto sia cominciato nel `73, tornando a Wounded Knee. Riprendendo il filo della resistenza».

Ieri e oggi, una sola «trama»: si accalora Lance Henson nello spiegarlo. «C'è il dolore che è un'eredità dell'invasione, alla quale ci opponiamo con il misticismo (quello che voi chiamate religione) e tenendo vive le nostre tradizioni. Aver perso le nostre terre, i luoghi sacri e il legame con la terra non è passato. Contro questo dolore usiamo una medicina vecchia di migliaia d'anni e, ogni giorno, una vita cerimoniale che non è facile per voi da capire».

Ovviamente, non tutti i nativi sono rimasti legati a quelle tradizioni. «Credo che un terzo sia assimilato, grazie anche a quello che viene insegnato nelle università... dove i corsi che parlano di noi non sono tenuti da nativi. Anche contro questo imbroglio si cerca di resistere. Io faccio parte d'una università viaggiante, College of the Red Winds: c'è anche un sito, se volete saperne di più. I venti rossi sono professori itineranti che per combattere la deriva assimilazionista tengono corsi. Rifiutiamo fondi da stato e aziende, siamo ospitati dalle riserve in estate quando la scuola normale è chiusa. Tutti siamo pagati allo stesso modo, bidelli e professori, grazie a sottoscrizioni. Il sistema ha funzionato in diversi luoghi, ma da quando c'è Bush molti hanno paura: negli ultimi tre anni neanche un semestre di lezioni per noi».

Che altri strumenti ci sono per opporsi? E quanto pesano le mele, il vecchio nome dato ai nativi (rossi fuori ma bianchi dentro) collaborazionisti? «L'Iitc, International Indian Treaty Council, che rappresenta i popoli indigeni delle diverse Americhe, sta facendo un buon lavoro. Ci stiamo muovendo sulle proprietà intellettuali, contro il furto delle nostre medicine ad esempio: il mese scorso c'è stato un primo, importante convegno internazionale. I nostri strumenti di resistenza sono sempre quelli: il corpo, lo spirito. Io credo anche nella forza della poesia. Forse la maggior parte delle riserve resta nell'oscurità e fra i nostri rappresentanti ufficiali molti sono le mele: persone anche buone diventate brutte, corrotte. Non possiamo vivere a modo nostro, al massimo regge un'economia familiare. Il 70% cento dei nativi è disoccupato. C'è grande solidarietà, quello sì. Ecco una storia anche buffa che mi ha coinvolto. Ci sono riserve dove fa molto freddo, l'unica scuola funzionante è a 40 chilometri e magari ci si va su vecchi pullman gelidi. Tre anni fa, per un breve periodo, ho insegnato in una scuola per bianchi ricchi e l'ho raccontato: i miei studenti si sono così commossi che mi hanno portato 100 scatole di vestiti, tutti Armani e roba così. Immaginate quando in una povera riserva dell'Oklahoma i ragazzini indiani andavano in giro conciati così».

Ci mandarono contro gli schiavi neri


Veho (o wihio) è il modo nel quale i cheyenne definiscono i bianchi: significa vedova nera oppure nemico mortale. Ma questo significa che non ci sarà nessuna possibilità di convivere? «Quando gli schiavi neri ci vennero mandati contro, molti scapparono: nei nostri costumi di guerra videro i loro antenati... altri si unirono a noi, alcuni ci fecero guerra: questi ultimi noi li chiamiamo neri-bianchi», spiega Lance Henson, come se parlasse di fatti accaduti pochi giorni fa. «Per i neri, l'unica speranza di avere successo è diventare bianchi, oppure aveva ragione Malcom X, cioè devono riallacciarsi alle loro radici? Il simbolo del modo di vivere tradizionale è un cerchio, intersecato con altri (quelli di animali, acqua, piante). I governi Usa hanno sempre cercato di spezzare questi cerchi. Negli anni Trenta misuravano addirittura le percentuali di sangue rosso e i meticci venivano obbligati a scegliere da che parte stare. Tenerci divisi è la cosa più importante. La vedova nera è bellissima, ma porta la morte dove vive. Può comportarsi diversamente? La domanda non dovete porla ai nativi ma agli statunitensi. Noi cheyenne siamo cambiati; i veho vogliono farlo? Sapranno trovare un'altra cultura, altri valori che non siano i soldi? L'11 settembre è il culmine di qualcosa che è cominciato molto indietro nel tempo e poi si è ingigantito con Nixon e con il Wto. Gli Usa preferiscono stare in guerra con il mondo piuttosto che mettersi in discussione? Io credo che, se continuano così, il loro sistema inevitabilmente crollerà, ma bisogna vedere quanti danni farà prima. Bush e Kerry sono entrambi esponenti (il primo antico, il secondo recente) della «Società del teschio e delle ossa» che serve solo a tutelare gli interessi delle banche e dei più ricchi».

«Quattro anni fa, il New York Times scrisse una notiziola poi ripresa dal Lakota Times : per entrare nel giro importante, al giovane Bush venne chiesto di rubare il teschio di Geronimo. Capito che gente è questa?». 
Lance Henson, il poeta cheyenne. I libri e le battaglie

«Siamo noti come cheyenne perché così ci chiamavano i lakota: quando gli esploratori inglesi mappavano il West intorno al 1860, noi tsitsistas non parlammo con loro, puzzavano troppo, e così venimmo schedati con quel nome». Così spiega Lance Henson: poeta, pubblicato in molti paesi e alfiere (senza armi) del suo popolo. 60 anni ben portati, è cresciuto a Calumet in Oklahoma, proprio nel gruppo dei «dog soldiers», cioè dei guerrieri e poeti. Professa il culto della «Chiesa dei nativi» ed è stato osservatore e relatore alla «Conferenza delle Nazioni unite sui popoli indigeni» a Ginevra, dal1'88. «Siamo indiani delle pianure e originariamente abitavamo nella zona che voi chiamate Canada. Oggi noi cheyenne meridionali, una delle 300 tribù sopravvissute ai massacri, siamo ridotti a circa 11 mila. La nostra lingua si insegna ancora, difendiamo le nostre cerimonie e i legami con le piante e le stagioni, conserviamo un'organizzazione sociale con 44 capi». Henson ha 4 figli. Uno di loro, Michael («woheiv» cioè «stella del mattino») ha 13 anni: nacque nell'anniversario di Wounded Knee mentre Zoe («Maheyuno» che vuol dire «quando lo spirito della medicina si siede») di 5 anni è nata il 29 novembre, un altro anniversario: il massacro di Sand Creek (1864). Qualche anno prima, sempre il 29 novembre, Lance Henson ebbe una visione e scrisse Le poesie del corvo che con altri poemi «nella lingua del nemico» sono andate a comporre Canto di rivoluzione : sarà ristampato in gennaio (dalla Biblioteca dell'immagine di Pordenone) con il titolo Sand Creek . Altri suoi versi sono stati raccolti in Traduzioni in un giorno di vento (La rosa, 2001). Chi vuole scrivergli lo trova su lhenson@libero.it: è spesso in Italia anche per letture pubbliche dei suoi versi.
Fonte:www.ilmanifesto.it

 
 

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