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Enzo Barnabà
 
Grimaldi Sup. (Ventimiglia – IM) 29 giugno 2009
NADiRinforma incontra Enzo Barnabà, scrittore e storico impegnato da sempre a comprendere l'attualità attraverso la storia. Ha studiato lingua e letteratura francese a Napoli ed a Montpellier e storia a Venezia e Genova. Ha insegnato lingua e letteratura francese in vari licei del Veneto e della Liguria. A Ventimiglia ha fondato il Circolo “Pier Paolo Pasolini”, forse l'istituzione culturale più prestigiosa dell'estremo ponente ligure. Essendo passato alle dipendenze del Ministero degli Esteri, ha svolto la funzione di lettore di lingua e letteratura italiana presso le Università di Aix-en-Provence e di insegnante-addetto culturale ad Abidjan, Scutari e Niksic. Vive attualmente a Grimaldi di Ventimiglia, dove la riviera del ponente ligure si confonde con quella francese. La chiacchierata prende spunto dalla lettura del libro giunto alla seconda ristampa “Morte agli italiani! Il massacro di Aigues-Mortes – 1893”. Il racconto, documentato dai fatti che occorsero nel paesino della Camargue noto per la vasta presenza di saline il 17 agosto 1893, è supportato dall'acuta ed attenta analisi che Barnabà riesce a proporre in maniera snella ed efficace alla comprensione della terribile situazione nella quale tutti noi versiamo a tutt'oggi.
La propaganda populista e cieca che oggi domina la scena politica trova un sostegno storico che, se riscoperto, potrebbe aiutare a comprendere meglio ciò che i discorsi privi di fondamenta dal punto di vista sociologico e di coscienza civica implodono nelle piazze sostenuti da un sistema mediatico sempre più fazioso, circonstanziato e manipolativo ... in sintesi propagandistico!
"Gli italiani cominciano ad esagerare con le loro pretese. Presto ci tratteranno come un Paese conquistato ... fanno concorrenza alla manodopera francese e si accaparrano i nostri soldi a vantaggio del loro Paese" (E.Barnabà)
Con un po' di pudore e tanta vergogna ascoltiamo parole cariche di arrogante ignoranza e scarsa lungimiranza che echeggiano dai pulpiti partitici e che, ahinoi, sembrano coinvolgere le folle disperate e da condizioni di vita in fase di mutazione e dalla cecità determinata dalla miseria imperante: "a cosa attribuire tanto sadismo se non al meccanismo psicologico di chi sfoga sull'altro l'odio che prova nei confronti della miseria di cui è intessuta la propria storia passata e presente ?" (E.Barnabà)

 

Enzo Barnabà
Enzo Barnabà è nato a Valguarnera (Enna) nel 1944, dopo la maturità classica ha studiato lingua e letteratura francese a Napoli ed a Montpellier e storia a Venezia e Genova. Ha insegnato lingua e letteratura francese in vari licei del Veneto e della Liguria. A Ventimiglia ha fondato il Circolo “Pier Paolo Pasolini”, forse l'istituzione culturale più prestigiosa dell'estremo ponente ligure.
Essendo passato alle dipendenze del Ministero degli Esteri, ha svolto la funzione di lettore di lingua e letteratura italiana presso le Università di Aix-en-Provence e di insegnante-addetto culturale ad Abidjan (Costa d'Avorio), Scutari (Albania) e Niksic (Montenegro).
Vive attualmente a Grimaldi di Ventimiglia, dove la riviera del ponente ligure si confonde con quella francese. Notizie aggiornate sulla sua attività di saggista e di narratore nel sito www.enzobarnaba.it .
Libri pubblicati:
1. DIDATTICA a) letteratura: * edizione critica de LA GLOIRE DE MON PERE di M. Pagnol, Firenze, 1984 * edizione critica di EUGENIE GRANDET di Balzac, Torino, 1992 b) civiltà: ACTUEL. LA CIVILISATION FRANCAISE PAR LA LECTURE ET L'ECOUTE DE DOCUMENTS AUTHENTIQUES, Torino, 1989 c) grammatica: CONTEXTES. GRAMMAIRE FRANCAISE A L'USAGE DES ITALIENS, Torino, 1994
2. STORIA * I FASCI SICILIANI A VALGUARNERA, Milano, 1981 * LE SANG DES MARAIS, Marsiglia 1993 * AIGUES-MORTES 1893, Torino, 1994 * IL MEGLIO TEMPO, Enna, 1998 * MORTE AGLI ITALIANI!, Giardini-Naxos, 2001. MORTE AGLI ITALIANI! (nuova edizione prefatta da Gian Antonio Stella), Infinito Edizioni, Castel Gandolfo, 2008. 
3. NARRATIVA DIETRO IL SAHARA. AFRICA NERA TRA MONDO MAGICO E MODERNITA'. RACCONTI, Philobiblon, Ventimiglia, 2004 (seconda ristampa). LE VENTRE DU PYTHON, romanzo, Editions de l'Aube, La Tour d'Aigues, 2007 (Acquistabile su amazon.com) . SORTILEGI. RACCONTI AFRICANI (assieme a Serge Latouche) Bollati Boringhieri, Torino, 2008

 

Morte agli italiani. Il Massacro di Aigues-Mortes, 1893
di ENZO BARNABA’
prefazione di
GIAN ANTONIO STELLA
introduzione di
ALESSANDRO NATTA
Il massacro di Aigues-Mortes, che il 17 agosto 1893 costò la vita a nove operai italiani linciati da una folla inferocita, rappresenta
un episodio capitale nella storia dei rapporti tra l’Italia e la Francia.
«Il libro di Enzo Barnabà è una boccata d’ossigeno. Perché solo ricordando che siamo stati un popolo di emigranti vittime di odio razzista, come ha fatto il vescovo di Padova denunciando “segni di paura e di insicurezza che talvolta rasentano il razzismo e la xenofobia, spesso cavalcati da correnti ideologiche e falsati da un’informazione che deforma la realtà”, si può evitare che oggi, domani o dopodomani si ripetano altre cacce all’uomo. Mai più Aigues-Mortes. Mai più» (dalla prefazione di Gian Antonio Stella).
«Il merito e il pregio del lavoro di Enzo Barnabà consiste nell’averci dato finalmente una precisa, puntuale ricostruzione di un fatto per tante ragioni memorabile e nell’indurci a essere vigili nella realtà di oggi» (dall’introduzione di Alessandro Natta).

Il libro risulta di grande interesse in quanto il riuscire a raccontare la storia a chiarificazione dell'attualità diviene uno strumento per tentare di avviare la criticità di pensiero. Il racconto documentato dai fatti che occorsero ad Aigues-Mortes il 17 agosto del 1893 è supportato dall'acuta ed attenta analisi che Barnabà riesce a proporre in maniera snella ed efficace alla comprensione della terribile situazione nella quale tutti noi versiamo a tuttoggi.
La propaganda populista e cieca che oggi domina la scena politica trova un sostegno storico che, se riscoperto, potrebbe aiutare a comprendere meglio ciò che i discorsi privi di fondamenta dal punto di vista sociologico e di coscienza civica implodono nelle piazze sostenuti da un sistema mediatico sempre più fazioso, circonstanziato e manipolativo ... in sintesi propagandistico!
 

 

Come dice nella prefazione Gian Antonio Stella: "L'Italia ha dimenticato quella feroce caccia all'italiano nelle saline della Camargue, alle foci del Rodano, che vide la morte di un numero imprecisato di emigrati piemontesi, lombardi, liguri, toscano. Basti dire che, stando all'archivio del Corriere della Sera, le (rapide) citazioni della carneficina dal 1988 ad oggi sui nostri principali quotidiani e settimanali sono state otto. Per non dire degli articoli dedicati espressamente al tema: due. Due articoli in venti anni. Contro i 57 riferimenti ad Adua, i 139 a El Alamein, i 172 a Cefalonia ..." ... " Eppure, Dio sa quanto ci sarebbe bisogno, in Italia, di recuperare la memoria"
"Soggiacente all'esasperazione nazionalista è una sorta di psicosi dell'invasione: lo straniero spinge da tutti i lati e conquista silenziosamente l'Esagono con il rischio che prima o poi nella vecchia Gallia l'elemento francese cessi di essere prevalente. Il pericolo dell'invasione viene prospettato come duplice dalla stampa nazionalista: se la manodopera straniera "toglie il pane dalla bocca" agli operai autoctoni, essa rappresenta anche un antigene che attacca il corpo sano della società francese." ...
"Gli italiani cominciano ad esagerare con le loro pretese. Presto ci tratteranno come un Paese conquistato ... fanno concorrenza alla manodopera francese e si accaparrano i nostri soldi a vantaggio del loro Paese" (E.Barnabà)
Con un po' di pudore e tanta vergogna ascoltiamo parole cariche di arrogante ignoranza e scarsa lungimiranza che echeggiano dai pulpiti partitici e che, ahinoi, sembrano coinvolgere le folle disperate e da condizioni di vita in fase di mutazione e dalla cecità determinata dalla miseria imperante: "a cosa attribuire tanto sadismo se non al meccanismo psicologico di chi sfoga sull'altro l'odio che prova nei confrotni della miseria di cui è intessuta la propria storia passata e presente ?" (E.Barnabà)
Il Sindaco di Treviso Giancarlo Gentilini ha tuonato:
"gli immigrati annacquano la nostra civiltà e rovinano la razza Piave" e occorre "liberare l'Italia da queste orde selvagge che entrano da tutte le parti senza freni" per "rifare l'Italia, l'Italia sana, in modo che non ci sia più inquinamento" (G.A.Stella)
per non rammentare ciò che un quotidiano, quale è la Padania, che pur essendo di partito, è pur sempre mezzo di informazione collettiva, pubblica utilizzando le parole di un cittadino razzista in preda ad una sorta di esasperazione isteriode o almeno poco lucida nella sua valutazione essenziale:
" Quando ci libererete dai negri (forse che un quotidiano possa utilizzare un linguaggio volgare e/o sicuramente non italiano, visto che la parola -negri- nella nostra splendida lingua non rappresenta affatto le persone con pelle scura), dalle puttane, dai criminali, dai ladri extracomunitari (che quelli intracomunitari possano essere considerati meno criminali e/o dannosi per la Comunità ?), dagli stupratori color nocciola (in quanto gli stupratori bianchi sono sicuramente più accettabili... non si condanna il feroce atto criminoso, quale è lo stupro, bensì si generalizza e si colpisce l'individuo al di là di ogni ragionevole cognizione ... vogliamo fare riferimento alle tanto accese quanto non adese alla realtà, dichiarazioni del leghista Mario Borghezio circa l'eccidio di Erba? *) e dagli zingari che infestano le nostre case, le nostre spiagge, le nostre vite, le nostre menti ? Ne abbiamo le palle piene. A dir poco. Sbatteteli fuori questi maledetti"
"Al di sopra dei trucidati e dei trucidatori ... sta il sistema capitalistico tutto intero. Di tale sistema sono vittime, così i trucidati, che portano sul mercato del lavoro l'inferiorità del loro modo di vivere e l'urgenza dei loro bisogni, sì da essere sempre pronti a concorrere, come i trucidatori, che, ignoranti e passionali, rivolgono le loro ire e i loro attacchi non contro sistema, ma contro i più maltrattati, i più avviliti, i più schiacciati dal sistema stesso"
"La soluzione veniva individuata... in una prospettiva di tipo ideologico. ... Ma l'emigrazione ... spezza le barriere nazionaiistiche e favorisce l'affratellamento dell'umanità. Nell'interesse della collettività, bisogna considerare l'immigrazione con un occhio favorevole e anzi raccomandare la conseguente mescolanza delle razze, grazie alla quale le frontiere tra le nazioni spariranno, l'odio sciovinista si estinguerà e un nuovo sole sorgerà all'orizzonte: la fratellanza dell'umanità. (E.Barnabà)

 

Pregiudizio contro gli italiani (tratto da Wikipedia)

Il pregiudizio contro gli italiani (fenomeno a volte detto antiitalianismo o, più raramente, italofobia) è una forma di pregiudizio e discriminazione etnica contro gli italiani e l'Italia in generale, solitamente facente capo a stereotipi come il lavoratore immigrato ignorante, il mafioso o il fascista.
Secondo alcuni questa forma di razzismo sarebbe originata dall'osservazione impietosa ed approssimativa della condizione economica e sociale degli immigrati appena sbarcati in cerca di un'opportunità di lavoro e di reinserimento sociale.
Antiitalianismo nel mondo
Paesi con ampi fenomeni di intolleranza e pregiudizio nei confronti degli italiani sono la Svizzera, la Germania, l'Australia, il Canada e gli Stati Uniti d'America, altro paese che ha visto accrescere negli ultimi anni fenomeni razzisti e antiitaliani è la Slovenia sorta dalle ceneri della ex Yugoslavia.
Alcuni esempi storici
La discriminazione di una donna italiana in un tribunale dell'Alabama, nel 1922 (processo Rollins versus Alabama), considerata non appartenente alla razza bianca.
Nel 1890 a New Orleans furono linciati 11 italiani, tutti siciliani, accusati ingiustamente di aver ucciso il capo della polizia urbana.

 


Nell'agosto del 1893 la cittadina francese di Aigues-Mortes fu teatro di un conflitto tra operai francesi e italiani impiegati nelle saline di Peccais, che si trasformò in un vero e proprio eccidio con nove morti e un centinaio di feriti tra i lavoratori italiani. La tensione che ne seguì fece sfiorare la guerra tra i due Paesi
Aigues-Mortes è un comune francese di 6.012 abitanti situato nel dipartimento del Gard nella regione della Linguadoca-Rossiglione. i suoi abitanti sono chiamati Aiguemortais.
Aigues-Mortes dista circa 35 km da Nimes e 30 km da Montpellier.
Il territorio del comune è costituito in parte da una pianura umida e dagli stagni della Camargue; è separato dal Golfo del Leone dal territorio del comune di Le Grau-du-Roi ed è collegato al mare dal canale detto appunto Grau-du-Roi.
Il nome di Aigues-Mortes deriva dalle paludi e dagli stagni che si trovano tutto intorno al comune (dal latino Aquae Mortuae attraverso l'occitano Aigues Mortes; in entrambe le lingue si traducono con "acque morte").
La principale industria di Aigues-Mortes è legata alla produzione di sale marino.
Durante il processo agli anarchici italiani Sacco e Vanzetti, avvenuto a Boston nel 1927, il pregiudizio contro gli immigrati italiani emerse con chiarezza e contribuì, pur non essendo l'elemento decisivo, alla loro condanna a morte.
In Australia gli italiani dal 1891 agli anni sessanta del XX secolo venivano schedati al momento dell'immigrazione come Coloured o Semi-White oppure come Olive per via della pelle olivastra.
Il sentimento antiitaliano in Svizzera si è manifestato cruentemente nel 1971, con l'uccisione dell'immigrato italiano Alfredo Zardini.
Il presidente statunitense Richard Nixon, durante la sua visita in Italia all'inizio degli anni settanta, dichiarò che non soltanto gli italiani si comportavano in un modo diverso dagli altri europei, ma avevano anche un "odore" diverso.
La copertina della rivista tedesca Der Spiegel nel 1977, periodo di acme degli anni di piombo, mostrava una foto di un piatto di spaghetti conditi con sopra una pistola, in riferimento alla presenza del terrorismo in Italia. Replicata nel 2006, in occasione dei mondiali di calcio con intento ironico ma egualmente a sfondo razzista.
Nel 1990 all'appassionato di golf John A. Segalla, ricco costruttore nello Stato del Connecticut, venne negata l'iscrizione ad un prestigioso ed esclusivo circolo del golf a causa del cognome italiano. Ciononostante, egli rispose costruendo il suo proprio club di golf nel 1993.
Nel 2004, Daniel Mongiardo, un medico e politico democratico italoamericano, corse contro il Repubblicano Jim Bunning per il seggio senatoriale del Kentucky. Visto la carnagione scura e l'aspetto fisico di Mongiardo, Bunning dichiarò che "assomigliava ad uno dei figli di Saddam Hussein"[6] e, in seguito, che gli scagnozzi di Mongiardo avevano assalito sua moglie. Non pochi commentatori interpretarono come razziste queste dichiarazioni.
In una rivista giapponese [senza fonte] nel 2006 è apparsa una classifica intitolata Itaria-jin no ya-na tokoro besto ten (Le dieci cose peggiori degli italiani), che descrive gli italiani come bugiardi, ritardatari e irrispettosi delle regole.
Il 10 ottobre 2007, in Germania il Tribunale di Buckeburg ad un cameriere italiano riconosciuto colpevole di stupro, segregazione e violenza di gruppo verso la sua ragazza, ha ridotto la pena da 8 a 6 anni di carcere anche in considerazione della sua origine sarda. Nella sentenza di condanna, la riduzione di pena è stata così giustificata dal giudice tedesco: "Si deve tenere conto delle particolari impronte culturali ed etniche dell'imputato. È italiano. Il quadro del ruolo dell'uomo e della donna, esistente nella sua patria, non può certo valere come scusante, ma deve essere tenuto in considerazione come attenuante".
Nel 2008 in Germania la catena di negozi MediaWorld ha commissionato una serie di spot pubblicitari che hanno per protagonista un italiano vestito come un buzzurro (canottiera con stemma tricolore, occhiali da sole sulla fronte, catena d'oro al collo, baffetti neri e una parlata maccheronica) che si comporta come un truffatore sempre pronto a turlupinare il prossimo compiacendosi dei suoi biechi sotterfugi. La macchietta appare assai simile al personaggio di Alberto Bertorelli, protagonista di una vecchia sit-com della BBC.
Nel 2009 un istituto di lingue olandese, per pubblicizzare i propri corsi di lingue, definisce gli italiani "pagliacci di pasta".

Enti istituzionali e privati che combattono la discriminazione
Belgio: Centre for Equal Opportunities and Opposition to Racism (fondato nel 1993)
Stati Uniti: American Italian Defamation Association (AIDA); OSIA;
Unione Europea: European Network Against Racism.
 
Collegamenti esterni

 

 
Si consiglia la consultazione del sito: www.orda.it , nato da "L'Orda, quando gli albanesi eravamo noi" di Gian Antonio Stella per capire, riflettere, discutere di emigrazione, immigrazione, razzismo.
Canti dell'emigrazione italiana

 

Le immagini: l'Italia com'era

 

 

 

Il dramma dell'emigrazione a cavallo tra l' 800 e il 900
Vita da italiani d' America Bianchi soltanto di pelle
Quando l' opinione pubblica razzista ci accomunava alla «gente di colore»
«Si possono sbiancare i negri?» Con questo titolo, il numero 1814 della rivista La Nature, bollettino dell' Académie des Sciences di Parigi, pubblicava il 29 febbraio 1908 un articolo di un certo V. Forbin che spiegava: «Un vecchio dottore di Filadelfia crede di aver scoperto questo gran segreto. Tutti sanno che i raggi X godono della proprietà di distruggere la materia colorante della pelle. Basandosi su un fenomeno debitamente verificato, questo medico si sarebbe dedicato a una serie di esperimenti, iniziati da circa sette anni, che gli avrebbero fornito risultati tali da non fargli temere di aprire un istituto, o clinica, in cui la clientela non avrebbe tardato ad affluire». Il procedimento, proseguiva l' articolo (riassunto da Roberto Renzetti per la rivista Sapere dell' ottobre 1984), era semplicissimo: bastava «sottoporsi all' azione dei raggi X in diverse sedute successive. Testimoni degni di fede assicurano di aver assistito agli esperimenti. Essi raccontano: dopo una decina di sedute, la pelle di un negro originario dell' Africa centrale assumeva già una colorazione marrone chiaro. Prolungando il trattamento si otteneva una tinta olivastra. Con certi soggetti l' opacità della pelle diventava come quella di un creolo. Alla trentina (e passa) di trattamenti si raggiungeva lo scopo, proprio in tempo perché pare che a quel punto la resistenza fisica dei soggetti venisse meno. In ogni caso la tinta ottenuta dopo trattamenti prolungati era di "un bel bianco malato"». Un secolo dopo, quell' esperimento demenziale ci fa sorridere amaramente pensando ai poveretti che andarono incontro a drammatici problemi sanitari per il sogno (ripreso ai giorni nostri, con sciocchi proseliti al seguito, da un personaggio come il cantante Michael Jackson) di sbiancarsi. E ci dà l' idea di come dovesse pesare, in quell' America dove i razzisti del Ku Klux Klan potevano permettersi di organizzare imponenti marce davanti al Campidoglio, avere la pelle nera. Basti ricordare come dal 1882 al 1968 in America siano state linciate 4.743 persone delle quali 3.446 di colore. E come l' urlo belluino del governatore dell' Alabama George C. Wallace del 1962 («Segregazione oggi, segregazione domani, segregazione per sempre!») avesse solo cristallizzato quanto diceva 105 anni prima Abramo Lincoln. Il quale, ignorando che sarebbe passato alla storia come un uomo simbolo del progresso umano, spiegava: «Esiste un naturale disgusto da parte di quasi tutti i bianchi all' idea di una mescolanza indiscriminata della razza bianca e di quella negra». Va da sé che essere accostati ai neri, per gli immigrati italiani in America e soprattutto in alcuni Stati, era un marchio terribile. Che rendeva ancora più difficile l' inserimento in una società così diversa dalla nostra. Ce lo dicono, per esempio, alcune vignette razziste come quella celeberrima che apre il libro Wop di Salvatore J. LaGumina, dove lo sciuscià italiano che lustra le scarpe a un gagà americano ha spiccati tratti negroidi. Ce lo dicono certi pregiudizi pseudoreligiosi nel mondo protestante o addirittura cattolico irlandese intorno al cristianesimo «pagano» degli italiani e alla loro venerazione per san Calogero, il monaco nero più amato della Sicilia, e la Madonna nera di Loreto e il Cristo nero di Siculiana e san Nicola nero di Bari e san Filippo nero di Agira e san Zeno nero di Verona, tutti testimoni di come i nostri emigrati magari non fossero neri, però... Ce lo dice infine un processo del 1922, «Rollins versus Alabama», di cui parla Bénédicte Deschamps nel saggio «Le racisme anti-italien aux États-Unis», in Exclure au nom de la race. Dove si racconta di Jim Rollins, un uomo di colore dell' Alabama che, condannato in primo grado per «miscegenation» (mescolanza di razze) per aver avuto rapporti sessuali con una donna bianca, aveva fatto ricorso: «Ma non era bianca, era italiana!». Tesi accolta dal giudice, che sancì nella sentenza che il procuratore «non aveva potuto fornire la prova che la femmina in questione, Edith Labue, fosse bianca». E dunque «non si poteva assolutamente dedurre che ella fosse bianca, né che fosse lei stessa negra o discendente da un negro». Anche quel nome, Edith Labue, è indicativo. Furono infatti moltissimi i nostri connazionali che, per sgravarsi almeno di una parte dei pregiudizi che pesavano loro addosso, cambiarono non solo religione (25 mila nella sola New York e nel solo 1918, secondo Giuseppe Dall' Ongaro, biografo di madre Francesca Cabrini) ma addirittura nome, assumendone uno che «suonasse» angloamericano. Va da sé che accomunare gli italiani poverissimi dalla pelle biscottata dal sole e i neri fu, per gli americani razzisti, uno sbocco naturale. Che arrivava in coda a una lunga storia di pregiudizi coltivata per secoli da molti protagonisti della cultura occidentale. Primi fra tutti i grandi viaggiatori che visitarono il Bel Paese a partire dal XVI secolo e che avevano lasciato degli italiani, soprattutto del Mezzogiorno, ma non solo, giudizi assai poco lusinghieri. Percy B. Shelley aveva descritto gli uomini della penisola così: «Possono a stento definirsi tali: sembrano una tribù di schiavi stupidi e vizzi, e non penso di aver visto un solo barlume di intelligenza nel loro volto, da quando ho attraversato le Alpi». Quanto alle donne, «forse le più spregevoli fra tutte quelle che si trovano sotto la luna; le più ignoranti, le più disgustose, le più bigotte, le più sporche». Per il ginevrino Rodolphe Rey, che visita Roma a metà dell' Ottocento, i laziali vivono in «gruppi di capanne in rovina, fetide e selvagge, arroccate come nidi di avvoltoio sui primi contrafforti appenninici: sono i resti delle città latine, oggi rifugio di una popolazione misera, selvaggia e dedita al brigantaggio». Ma chi si incaricò di dare una patina di «scientificità» a questi pregiudizi, furono per ironia della sorte, come spiega la Deschamps, proprio le teorie di una serie di etnologi italiani. Primi fra tutti Giuseppe Sergi e Luigi Pigorini, che, pur essendo divisi su molti punti, su uno erano d' accordo. E cioè che l' Italia era stata colonizzata in tempi antichissimi da una popolazione africana, probabilmente abissina. Una tesi che oggi diamo per assodata. Ma che allora fu letta dai razzisti americani come una conferma dei loro pregiudizi. Tanto più che il messinese Sergi ci aveva ricamato sopra una catalogazione «scientifica». Sulla base della morfologia del cranio, scrive ne Le due civiltà Claudia Petraccone, Sergi «sosteneva che l' Europa attuale era abitata da due specie differenti, la euroafricana e la euroasica. Una frazione della specie eurafricana era costituita dalla stirpe mediterranea che, "dai caratteri fisici dominanti, esterni e interni, dimostrava che era come una zona di transizione tra l' africana al sud delle nazioni mediterranee, e l' europea al nord delle nazioni mediterranee d' Europa"». Cosa potevano chiedere, di più, i nativisti americani che si ergevano a difensori della «purezza» americana? L' avvocato George Custerman, di Philadelphia, tuonava: «Via questi orribili latini che contagiano la nostra razza, indeboliscono il nostro sangue, fanno diventare fioca ogni luce». Il Times-Democrat giungeva a difendere il linciaggio di New Orleans (dove una folla di ventimila persone aveva assaltato il carcere per ammazzare undici italiani assolti al processo per l' uccisione di un poliziotto) come «l' unica maniera possibile per render sicura la supremazia dei bianchi». Certo, la «nerezza» era più che altro una forzatura usata in chiave razzista (per esempio dai padroni delle piantagioni di canna da zucchero della Louisiana che chiamavano i siciliani «niggers») mai presa sul serio dal Congresso o tradotta in specifiche legislazioni che somigliassero all' apartheid. Di più, sostiene Thomas A. Guglielmo, fu proprio e solo arrivando in America che gli italiani «divennero bianchi e cominciarono a comportarsi da bianchi». Resta il fatto che allora, nella pancia di un' America razzista, il sentimento dominante era quello espresso da uno dei protagonisti di Babbitt, il romanzo di Sinclair Lewis del 1922: «Un' altra cosa che dobbiamo fare (...) è tenere questi dannati stranieri fuori dal Paese. Grazie a Dio stiamo mettendo un limite all' immigrazione. Questi dagoes e questi hunkies devono imparare che questo è il paese dell' uomo bianco e che non sono desiderati qui». Che c' entra il «dago» (uno dei tanti soprannomi degli italiani, tra i quali spiccava «guinea») con il Paese dell' uomo bianco? IL VOLUME Il testo che pubblichiamo è una sintesi dell' introduzione di Gian Antonio Stella all' edizione italiana della raccolta di saggi, curata da Jennifer Guglielmo e Salvatore Salerno, «Gli italiani sono bianchi? Come l' America ha costruito la razza» (pp. 383, 19,50), edita dal Saggiatore, in libreria da giovedì Il libro ricostruisce come gli immigrati italiani negli Stati Uniti s' inserirono in un ambiente caratterizzato da un diffuso razzismo. Per i nostri connazionali si trattò di costruirsi un' identità puntando sulla propria appartenenza alla razza bianca, su cui pure molti avanzavano dei dubbi. Ne conseguì un rapporto contraddittorio con gli americani di colore: in parte di solidarietà, ma prevalentemente di aspro conflitto
Stella Gian Antonio
Pagina 43
(4 aprile 2006) - Corriere della Sera

 

Zingari: in attesa di umanità.
Il loro nome significa " intoccabili ", non hanno un luogo di nascita, sono in Europa da 500 anni, sono stati nomadi. In realtà però non sono mai esistiti perché nessuno li ha mai voluti; forse perché non sono mai stati intrappolati dalla Storia, dalla Religione, dal Tempo, dalla Società Moderna, non hanno mai collaborato con il Potere. La macchina fotografica non dice mai bugie: vi presento l'unico popolo libero, la nazione senza confini, l'Umanità più vasta del Mondo, ma guardateli negli occhi, vi prego.
Reportage fotografico realizzato a Suto Orizari (Skopje*).
promosso da: Arcoiris Bologna >>> segue
Produzione: Ivan Marchitiello - Mauro Illiano
info: i.marchitiello@inwind.it

 

(*) "La spaventosa mattanza cui ha dato luogo a Erba un delinquente spacciatore marocchino ci prospetta quello che sarà, molte altre volte, uno scenario a cui dobbiamo abituarci. Al di là -dell'effetto indulto-, che qui come in altri casi dà la libertà a chi certo non l amerita, vi è e resta in tutta la sua speventosa pericolosità una situazioen determinata da modi di agire e di reagire spazialmente lontani dalla nostra cultura e dalla nostra civiltà". Chi fossero gli assassini si è poi scoperto: Rosa Bassi e Olindo Romano, i vicini di casa xenofobi e razzisti. Del tutto inseriti, apparentemente, nella -nostra cultura e nella nostra civiltà-" (G.A.Stella)

 

Si parla di immigrazione: la parola a Moustapha N'Dao
Responsabile Gruppo Multiculturale N.A.Di.R

 

Moustapha N'Dao
 
MedicoN.A.Di.R.:
gruppo multiculturale,
incontro conclusivo
NADiRinforma: si propone la conclusione della prima sperimentazione del gruppo multiculturale promossa da MedicoN.A.Di.R. “Salute & Informazione” (azione 5) facente parte del progetto di rete Volabo “L'arte della comunicazione: insegnando si impara, imparando si insegna”.Hanno coordinato Carlo Trecarichi Scavuzzo, Moustapha N'Dao e Luisa Barbieri. “Abbiamo provato di formare un gruppo, ad essere un gruppo.
Abbiamo provato di farci delle domande, abbiamo anche provato di darci delle risposte.
Non avremo fatto il massimo, ma forse solamente ciò che siamo in grado fare, le cose più basilari le abbiamo affrontate e credo che, oggi come oggi, possiamo dire che il nostro livello di conoscenza ha radici molto profonde. Abbiamo cercato insieme, discusso insieme e abbiamo anche provato a conoscerci ... Ciò che abbiamo sperimentato in questi mesi dobbiamo provare a diffonderlo … dovunque andiamo, con chiunque avremo occasione di parlare!
“ (Moustapha N'Dao).
Si ringrazia Gianloris Cresti per l'ospitalità nel corso della manifestazione da lui promossa: musiche dal mondo presso il parco di via Scipione Innocenti di sabato 21 giugno 2008
Produzione Arcoiris Bologna
Visita il sito: http://www.volabo.it

 

 
 
 
 
Dispensa GRUPPO MULTICULTURALE _ PDF

 

 

Guarda il filmatoL'arte della comunicazione:
insegnando si impara, imparando si insegna
 
NADiRinforma: si propone a conclusione del progetto supportato da Volabo (Centro Servizi per il Volontariato Provincia di Bologna http://www.volabo.it ) “L'arte della comunicazione: insegnando si impara, imparando si insegna” la sintesi del lavoro svolto dalla rete di associazioni che, impegnate relativamente alle loro competenze, hanno contribuito a creare un gruppo multiculturale attivo ed avviato verso lo scambio quale strumento di conoscenza reciproca.
Le associazioni che hanno partecipato sono:
Aprimondo Centro Poggeschi http://www.centropoggeschi.org
Assoc. Yoda http://www.gruppoyoda.org
Albero di Cirene http://www.alberodicirene.org
Assoc. Medica N.A.Di.R
Serge Latouche e il massacro di Aigues-Mortes:
quando i migranti eravamo noi
29 giugno 2009
un eccezionale contributo del grande scrittore ed economista francese dedicato al libro
di Enzo Barnabà, “Morte agli Italiani!”

di Serge Latouche ©Infinito edizioni 2009

Nel momento in cui un po' dappertutto in Europa i lavoratori immigrati vengono additati come responsabili delle difficoltà, spesso reali, delle popolazioni, la pubblicazione di Morte agli Italiani! Il massacro di Aigues-Mortes, 1893, (Infinito Edizioni), di Enzo Barnabà è particolarmente benvenuta. Oggi l'Italia riceve flussi dall'Europa dell'est e naturalmente dall'Africa. Albanesi, rom, senegalesi e altri ancora, uno dopo l'altro o simultaneamente, vengono trasformati in capri espiatori da politici incapaci di risolvere i problemi; contestualmente, il diffuso sentimento di ostilità nei confronti dei proletari stranieri viene strumentalizzato da imprenditori della politica che pescano nel torbido a fini di parte. Non è inutile ricordare che fino a non molto tempo addietro erano gli italiani che emigravano in cerca di lavoro, stagionale o duraturo, presso i vicini più ricchi. Che nell'Ottocento in Francia ci siano stati pogrom contro i lavoratori italiani è una verità storica che i due popoli latini, oggi così vicini, hanno volentieri rimosso. Non sarebbe male che i francesi (tra cui un numero rilevante possiede origini italiane) i quali traggono profitto del flusso dei turisti provenienti dalla penisola, ricordassero di essersi selvaggiamente accaniti non contro ex-colonizzati (cosa che non avrebbe in ogni modo alcuna giustificazione), ma contro europei, per giunta cugini, se non fratelli.

Grazie al suo talento, a un'ineccepibile padronanza della materia e a una scrittura molto felice, Enzo Barnabà ci fa rivivere il più grave di quei drammatici episodi, avvenuto nell'agosto 1893 ad Aigues-Mortes, tra Provenza e Linguadoca, dove furono uccisi una decina di operai italiani e ne furono feriti un centinaio, aggrediti dai loro compagni di lavoro ma anche da comuni cittadini.
L'autore dipinge il quadro del contesto, analizza le cause, descrive lo svolgimento dei fatti e i diversi atteggiamenti: dalla violenza carica d'odio del sottoproletariato, alla vigliaccheria di alcuni responsabili, ma anche il sangue freddo e il coraggio di coloro che seppero resistere alla follia collettiva. L'imbarazzo dei socialisti dei due paesi in seno alla seconda internazionale, alle prese col problema dell'abbassamento salariale causato dalla concorrenza degli immigrati, è ben analizzato. Le reticenze e i litigi dei politici e dei governanti, accentuati dall'utilizzazione mediatica e partigiana del dramma, non fanno onore all'umanità. Che il massacro sia potuto essere perpetrato al grido di “Viva l'anarchia!”, tre giorni dopo che il congresso di Zurigo dell'internazionale socialista aveva affermato la solidarietà tra proletari sul problema dell'emigrazione, è cosa che non può non suscitare grande perplessità. L'autore ci traccia un affresco nello stesso tempo pittoresco, imparziale e vivace di questa pagina di storia dalla quale ci sarebbero da trarre non poche lezioni per il presente. Forse la più importante è che, disgraziatamente, non siamo al riparo dal ripetersi di tragedie di questo tipo. Troppe esperienze recenti ci dimostrano che popoli europei, legati da una lunga storia comune, da matrimoni misti e anche dalla stessa lingua e religione, possono dilaniarsi e conoscere “ritorni” di barbarie. Il miglior modo di scongiurarli resta sempre quello di non occultare la memoria dei fatti. Anche se dolorosa.

L'intervista è disponibile sul sito della Infinito edizioni (www.infinitoedizioni.it) e può essere ripresa liberamente citando la fonte (©Infinito edizioni 2009).

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