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Roma-Pechino: 220 persone in treno contro il pregiudizio
Nessun delitto sull'Orient Express
di Daniele Barbieri
Dall'Italia si parte in treno l'8 agosto: la prima tappa è Budapest, poi Ucraina, Russia, Mongolia e finalmente – dopo 20 giorni – l'arrivo in Cina. L'idea è richiamare l'attenzione verso le persone con disagio mentale, contrastare lo stigma e i pregiudizi che rimangono nei loro confronti, creare scambi con altri Paesi [e in quest'incontro incoraggiarli a un cammino per superare i manicomi] ma anche coinvolgere in un'impresa comune gli utenti, i familiari e i cittadini accanto ai servizi che si occupano della cura. E naturalmente divertirsi: poter dire al ritorno, «che avventura, quasi come Marco Polo o un giallo di Agatha Christie ma… senza morti a bordo».
L'iniziativa ha avuto il patrocinio del ministero della Salute ma è da tempo accudita da due chiocce amorose: l'Anpis [Associazione nazionale polisportive per l'integrazione sociale] e il movimento delle Parole ritrovate.
Saranno 220 , da tutta Italia, a muoversi. Una vecchia canzone parlava di «un binario triste e solitario» qui invece ci saranno carrozze allegre e buona compagnia. Il viaggio diverrà un libro, una sorta di «Diario di bordo» scritto dai partecipanti; ci sarà una trasmissione radiofonica diffusa quotidianamente in diretta dai vagoni di questo insolito Orient Express; chi manderà la sua mail gli organizzatori [vedi indirizzi in coda] riceverà notizie a ogni tappa; inoltre la Rai produrrà un documentario su questo treno quietante, sorridente, terapeutico. I partecipanti resteranno protagonisti anche dopo: con una serie di incontri in tutta Italia per raccontare e ragionare, come già è accaduto l'anno scorso per un'analoga iniziativa – però in barca a vela - in Brasile.

Fermate subito qualche “ buonpensante” che - leggendo in fretta la notizia e sicuro che a pensar male ci si azzecca - già urla allo «sperpero di pubblico denaro per pagare le vacanze alle solite lobbies rosse». Il costo del viaggio sarà coperto in parte dai partecipanti e per il resto da donazioni pubbliche e private ma soprattutto da una capillare raccolta fondi che sta riscuotendo consensi entusiasmanti. Per esempio a Imola – raccontano Annalisa, Ennio e Teresa - «chiediamo due euro per una spilletta con il logo dell'iniziativa e vendiamo i biglietti per la festa “I doni dall'oriente” che terremo il 10 ottobre [giornata della Salute mentale indetta dall'Oms, l'Organizzazione mondiale della sanità delle Nazioni unite] con il plotoncino imolese». Un mare di singoli ma anche molte aziende stanno dando un obolo o anche più. Piace lo slogan auto- ironico [«In treno fino a Pechino? Ma siamo matti»] e soprattutto in Emilia, come in altre parti d'Italia, Anpis e Parole ritrovate  sono ben note visto che coinvolgono migliaia fra utenti, familiari, operatori, cittadini nel quotidiano impegno « per migliorare la qualità della vita e della salute mentale ». Negli appuntamenti per sostenere «l'anti-pregiudizio express» o nella vendita di spillette capita di imbattersi in qualche timore o ignoranza: « salute mentale? non mi riguarda » si vanta un uomo mentre una ragazzina si rifugia in comode astrazioni - « il disagio, ah sì lo studio a scuola » - che da sempre garantiscono di non vedere cosa accade nella porta accanto o magari in qualche sofferenza imprevista dentro di noi… vagamente collocabile fra cuore e testa. Sono eccezioni però: la maggior parte delle persone sembra non credere più agli orchi, al contagio, alla necessità di mettere camice di forze ai corpi (e alle idee).
Nelle conferenze stampa gli inevitabili ragionieri-giornalisti chiedono quanti siano i familiari, quanti gli «utenti» [ma il tono è spesso quello con cui si direbbe «picchiatelli» o peggio] e gli operatori per sentirsi dare - da Anpis e Parole ritrovate - una piccola lezione non di frasario corretto ma di ricerca del senso: «E chi può dirlo? Siamo tutti cittadini “competenti” perché affrontiamo il disagio quotidianamente con successo. Le famiglie che non delegano i problemi ai servizi, i volontari che si impegnano in cooperative o attività sportive per favorire la socializzazione sono parte della soluzione ma restano, come tutti, parte del problema perché molto spesso è questa società che crea o aggrava il malessere dei singoli ».
L'idea di fondo - raccontano ancora - è recuperare «un viaggio e una meta c he richiamano uno dei viaggi mitici. Ma viaggiare è sempre occasione per contaminare storie personali e sociali, approcci diversi alla salute mentale e più estensivamente per prendere contatto con le culture di popoli sempre più chiamati a conoscersi e a integrarsi mentre purtroppo spesso si ignorano o rischiano di confliggere » . La paura del diverso che scoppia in molte persone di fronte al disagio mentale – lieve o grave, vero e presunto – oggi sembra esplodere a livello mondiale in quei pretesi pensatori che s-ragionano di “scontro fra civiltà” [si scrive così ma andrebbe letto: rissa fra ignoranti spaventati].
Per i 220 sarà ovviamente una vacanza-favola: l'occasione, che molti non avrebbero avuto, per vedere ogni genere di bellezza [dal lago Baikal al Terelj National Park in Mongolia, la Grande muraglia, la «città proibita»]. Sarà poi, per molti di loro, la riconferma di una avvenuta ri-socializzazione e una tappa per costruire una presenza non marginale nei luoghi dove si vive, spesso soffrendo in primo luogo di invisibilità e di scarsa stima. A fianco però del divertimento, della conoscenza, dell'avventura in alcune tappe si incontreranno – sicuramente a Mosca con la fondazione intitolata a Gorbaciov - persone e associazioni che lottano per contrastare i pregiudizi e per liberarsi di leggi poco rispettose dei diritti.
L'evento vuole « sollecitare un cambiamento di rotta nelle politiche volte a promuovere la salute mentale affermando la necessità di restituire responsabilità e protagonismo ai cittadini, e in particolare a coloro - utenti dei servizi di salute mentale e i loro familiari - vivono una condizione di difficoltà esistenziale » . E' evidente a chi ha seguito le incertezze e le assenze del governo Prodi che a cambiare rotta deve essere anche il ministero guidato da Livia Turco che in un anno ha mostrato di non avere alcuna strategia e tattiche buone forse per le prossime 24 ore. «La strada è lunga, facciamola insieme» suona lo slogan dei volantini che chiedono di «aiutare il treno contro il pregiudizio». Nessuno degli organizzatori lo dice ma piacerebbe a loro - come a chi molto di più si aspettava dal governo Prodi - che, magari proprio il 10 ottobre, si potesse registrare che un primo pezzetto (finanziamenti e progetti al posto delle vagonate di retorica) di questo lungo cammino è stato finalmente percorso anche dal ministero. Intanto buon viaggio ai 220.
Info: www.anpis.it , www.leparoleritrovate.org ; Ennio Sergio [338 3874547, sergio.ennio@libero.it ], Teresa Gagliostro [349 5308186, tgagliostro@yahoo.it]
 
 
 
 

 

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