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Caso Welby. I radicali pronti a staccare la spina
Roma, 13 dicembre 2006
I radicali italiani sono pronti "a staccare la spina" che tiene in vita Piergiorgio Welby non appena lui lo chiedera'. "Non vogliamo essere complici dei torturatori: non appena Piergiorgio ce lo chiedera' interverremo a prescindere dai tempi e dalle scadenze del Tribunale", ha detto Rita Bernardini segretaria dei radicali.
L'avvocato Vittorio Angiolini, uno dei legali dell'uomo paralizzato al letto ormai da anni critica duramente posizione del medico anestesista, dottor Casale, che si e' opposto al ricorso presentato dal suo paziente: "non ce l'aspettavamo, e' una decisione grave, giuridicamente errata e imbarazzante dal punto di vista dell'attuabilita' dell'eventuale pronunciamento positivo del Tribunale".
In attesa del pronunciamento del giudice del tribunale civile di Roma Angela Salvio, che entro la settimana dovrebbe decidere sull'istanza di Welby, proseguono le polemiche tra gli schieramenti politici e anche nel mondo sanitario.
Benedetto XVI nel suo messaggio per la 15ma Giornata mondiale del malato (che si celebrera' l'11 febbraio prossimo) riafferma che se non tutte le malattie possono essere guarite, tutti i malati possono e debbono essere curati.
Per "Famiglia Cristiana" che dedica al caso Welby una nota a firma del teologo Luigi Lorenzetti: "la domanda di sospendere tutte le cure, comprese quelle ordinarie, e' oggettivamente una domanda di eutanasia".
"Penso che il mio partito e l'associazione Luca Coscioni rifletteranno e prenderanno le iniziative piu' adeguate sul caso Welby". Annuncia il ministro per le Politiche comunitarie Emma Bonino.
"Il no all'eutanasia deve essere un no radicale che deve essere accertato e verificato in base al principio della difesa del diritto alla vita". Afferma invece Gianni Alemanno (An) nel corso del dibattito sul caso Welby di 'Omnibus'.
Il prof. Stefano Rodota', gia' presidente dell'Authority sulla privacy, non crede "che materie come l'eutanasia si possano affrontare con il discrimine destra-sinistra, perche' qui e' in gioco il diritto di ciascuno di decidere non sulla morte, che e' un fatto naturale, ma sul morire. Il problema a mio avviso non e' l'accanimento terapeutico, ma la decisione individuale di ciascuno di rifiutare le cure".

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