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Assoc. Medica Disturbi di Relazione

"associazione a carattere socio-sanitario  destinata  alla cura e alla prevenzione dei Disturbi del Comportamento alimentare (anoressia, bulimia, obesità), inquadrabili nei Disturbi di Relazione, attraverso un'azione diretta sul territorio nazionale con allargamento nel Sud del Mondo attraverso missioni di interscambio "

 

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La parassitologia: scienza medica di serie “B” nel Nord del Mondo ? ... forse sarebbe meglio recuperarla!

A cura della Dott. Luisa Barbieri

l mio interesse per il Sud del Mondo è sempre stato pregnante sino a caratterizzarmi nella figura professionale sia nell'ambito del rapporto medico/paziente che in quello con i colleghi.

Sin dagli anni di internato in endocrinologia la mia modalità di relazionarmi al Paziente e alla patologia ha destato non poche critiche da parte di chi voleva impormi uno schema comportamentale basato sulla proposizione medica all'insegna dell'onnipotenza scientifica.

Ho sempre percepito il bisogno di relazionarmi alla pari: i miei Pazienti dovevano, a mio avviso, comprendere sino in fondo cosa stava loro accadendo; io dovevo dare loro la possibilità di sentirsi protagonisti del loro percorso terapeutico. Il mio cercare di educare il Paziente alla salute è sempre stato visto come un declassarmi, un ridurre la scienza medica ad un approccio alla portata di tutti.

Ho finalmente, e per merito dell'associazione medica che ho fondato, avuto la grande possibilità di partecipare al Corso di Laboratorio di Base per i Paesi Tropicali che si è tenuto a Negrar (Verona) presso la Fondazione Don Calabria per le Malattie Tropicali, l'ottobre ultimo scorso ed in quel contesto, oltre ad avere goduto della grande competenza dimostrata dai docenti (Dott. Maria Gobbo, Dott. Maurizio Gulletta, Dott. Ianus Swiercznski), mi sono resa conto dell'importanza di sapersi rapportare al Paziente nel rispetto della sua diversità, della sua cultura; di quanto avere la capacità di comunicare utilizzando un linguaggio comune sia fondamentale per curare, come, peraltro, il proporsi con semplicità ed immediatezza rappresentino il requisito indispensabile per potere creare un rapporto di fiducia reciproca perseguendo così l'obiettivo prefissato.

Oltre al rinforzo ricevuto rispetto alla mia concezione di fondo sul come proporre la medicina, ho capito quanto la parassitologia (scienza da me completamente sconosciuta sino a quel momento) rappresenti una branca della scienza medica trascurata e conseguentemente poco conosciuta dai medici che operano in occidente.

Quante patologie non vengono riconosciute solo perché il tecnico non ha adeguate competenze ? Perché si pensa che in Italia i parassiti siano praticamente debellati ? Perché non si riesce a

fare mente locale, invece, sul fatto che le forti migrazioni che la popolazione mondiale sta da tempo agendo non possano avere indotto anche una migrazione parassitaria ?

Si può parlare di parassita quando ci si trova dinanzi ad una pianta o ad un animale che vive a spese di un altro essere vivente senza arrecargli vantaggio o addirittura danneggiandolo. Nel gruppo sono inclusi i virus, i batteri, i funghi come i protozoi e gli elminti, anche se storicamente i primi tre gruppi sono studiati dalla microbiologia, mentre gli elminti e i protozoi dalla parassitologia che rappresenta appunto la scienza che studia la biologia dei parassiti ed i loro rapporti con la patologia umana.

I PROTOZOI sono piccoli organismi unicellulari che contengono un nucleo e diversi organuli . Si riproducono molto velocemente ed in maniera asessuata nell'ospite, ma hanno una fase sessuata del loro ciclo vitale in un altro ospite o nel vettore.

Gli ELMINTI (i vermi) sono metazoi (animali pluricellulari che attraversano una stadio embrionale di gastrula e sono quindi provvisti di almeno due foglietti germinativi primari, ectoderma ed endoderma, fra i quali è di solito interposto un mesoderma), quindi grandi, organismi pluricellulari, normalmente visibili ad occhio nudo nella loro forma adulta. Si riproducono sessualmente, usualmente senza un ospite. Hanno uno stadio pre-adulto (uova, larve) che vivono esternamente o in un ospite.

I parassiti si trasmettono attraverso una via di infezione, quale l'ingestione, la penetrazione o l'intervento di un insetto vettore, hanno bisogno, quindi, di una sorgente di riserva che può essere di origine umana oppure animale.

Si considera ospite definitivo quello nel quale avviene la riproduzione sessuata del parassita, per portare un esempio si pensi al tripanosoma africano negli esseri umani; mentre l' ospite intermedio è rappresentato da un altro animale che assume il carattere di essenzialità per permettere al parassita di completare il suo ciclo vitale, come ad esempio la lumaca per lo schistosoma.

I parassiti sono causa di patologia nell'uomo agendo o con effetti meccanici, ad esempio attraverso la formazione di cisti a contenuto liquido (cisti idatidee), oppure invadendo e distruggendo le cellule dell'ospite, come avviene nella malaria dove l'agente infettante ha una netta predilezione per i globuli rossi che appunto subiscono una massiccia invasione con susseguente modificazione della loro morfologia sino alla loro distruzione.

I parassiti possono, poi, provocare reazioni allergiche o infiammatorie dell'ospite nei loro confronti (come esempio possiamo fare riferimento alla tripanosomiasi); oppure possono entrare in competizione con l'ospite per specifici nutrienti come nel Diphyllobothrium latum per la vitamina B12.

Per fare diagnosi è molto importante l'anamnesi specificamente orientata alla raccolta di informazioni riguardanti la possibilità che il soggetto indagato abbia avuto contatto e con persone infette e/o abbia soggiornato in zone a rischio.

Il laboratorio, valutata la clinica, svolge una funzione essenziale nell'ambito del processo diagnostico in quanto permette l'identificazione del parassita negli escreati, come feci ed urine, nel sangue o in tessuti specifici.

Si può evidenziare in maniera indiretta la presenza del parassita testando l'apparato anticorpale del sangue del Paziente, oppure scoprendone l'antigene o addirittura il suo DNA o RNA nei campioni clinici.

Non posso, a questo punto, non soffermare l'attenzione sulle enormi differenze dell'attività laboratoristica nei paesi in via di sviluppo in rapporto a ciò che è possibile fare nei nostri laboratori ove le attrezzature, i reagenti, la preparazione dei tecnici non solo non mancano, ma a volte esuberano rischiando di giocare a discapito della corretta diagnosi.

Nelle strutture sanitarie operanti soprattutto nelle zone rurali del Sud del Mondo ove anche la mancanza di elettricità o la scarsità di acqua possono rappresentare la condizione nella quale operare, e dove le strumentazioni e il personale qualificato sono al limite dell'operabilità, i problemi da affrontare sono inimmaginabili, ma non per questo insuperabili.

Si deve comunque tendere a creare una situazione organizzativa, tenendo ben presente ove e con chi si sta lavorando, che arrivi a perseguire un'affidabilità di diagnosi laboratoristica adeguata e sovrapponibile a quella che teoricamente si raggiunge nelle strutture del Nord del Mondo.

Soprattutto nelle piccole realtà rurali risulta fondamentale creare una rete di fiducia e di cooperazione tra i tecnici, in prima istanza, e conseguentemente con la popolazione che usufruirà del servizio.

Per fare questo bisogna assolutamente lasciare a casa il tipico atteggiamento che nasce dalla “sindrome da potere scientifico” e del camice bianco intoccabile, risulta indispensabile armarsi di umiltà, di una grande voglia di ascoltare, partecipare, entrare con discrezione e rispetto nella cultura della gente con la quale si dovrà lavorare.

Ricordo ancora le parole del Dott. Swiercznski: “Dimenticatevi di essere considerati i detentori della scienza medica, sarete guardati con diffidenza e forse con disprezzo …… voi comunque per quella gente siete dei bianchi ricchi …… non tentate di smantellare le loro credenze ascoltando con sufficienza ciò che lo stregone del villaggio ha consigliato ai vostri pazienti. Ricordate sempre che per loro la fiducia non è rivolta verso di voi solo perché venite dal nord e credete di potere insegnare come si vive e come ci si cura, la fiducia di quella gente ha radici profonde ed è rivolta a chi ha sempre dimostrato loro interesse, partecipazione, sapienza anche attraverso la magia…………. Voi dovete conquistare il ruolo che vi spetta, dovete diventare degli “stregoni bianchi” … solo allora le vostre parole, la vostra competenza e le vostre medicine saranno accettate” ……….. forse questa è la lezione più difficile da imparare per chi si è formato nel nostro contesto sociale dove l'umiltà ha perso il significato che le è proprio, dove la capacità di ascoltare rischia di assumere una valenza cognitiva sovrapponibile alla perdita di tempo vissuto in termini di profitto.

Inoltre non si può pretendere che il nostro intervento rappresenti il mezzo immediato per cambiare la situazione sanitaria del paese ospite, sarebbe bene entrare nell'ordine di idee che il nostro lavoro e la nostra presenza possono eventualmente gettare le basi per avviare un processo di cambiamento per perseguire il quale occorre tanto tempo, pazienza e dedizione. Il nostro impegno, contrariamente a quanto purtroppo spesso avviene nella nostra realtà, non ci appartiene e non è destinato a darci lustro come singoli professionisti, ma si deve porre come obiettivo primario il passaggio di competenze, l'apertura di nuovi canali di comunicazione atti a suggerire regole comportamentali ed abilità tecniche destinate a chi vive stabilmente in loco.

Non ultimo impegno da fare proprio è sicuramente quello di predisporci a ricevere forse più che a dare, questo atteggiamento, oltre ad arricchirci come individui e come medici, può risultarci di grande aiuto nel cammino verso l'integrazione in un contesto sociale che non ci appartiene, quale quello nel quale stiamo tentando di lavorare.

I parassiti, comunque, non dimentichiamolo, non appartengono solo alla realtà dei paesi in via di sviluppo. E' vero che le difficoltà rapportabili alle situazioni logistiche, alle carenze effettive e alla scarsa disponibilità orientata alla salvaguardia della salute pubblica dei governi rafforzano il problema, però i parassiti, essendo oltretutto dotati di grande adattabilità, non conoscono frontiere.

Figura 1 : la distribuzione dei parassiti (martin.parasitology.mcgill.ca)

Infezioni virali e batteriche del tratto gastroenterico possono portare a grave diarrea. Parecchie di queste patologie vengono trasmesse attraverso cibi ed acqua contaminati. Negli Stati Uniti la diarrea è al 2° posto tra le più diffuse infezioni (un 18% di tutte le infezioni). Questi dati vengono forniti dall'OMS e indicano che la patologia diarroica comporta dal 15 al 34% delle morti in alcuni paesi. Stime ci portano a dire che le morti per tali patologie ammontano a cifre importanti (dai 4 ai 6 milioni di individui per anno, colpendo soprattutto bambini in età prescolare, anziani ed immundepressi, considerati appunto fasce a rischio).

Questi dati piuttosto inquietanti richiedono costantemente ricerche scientifiche allo scopo di comprendere i meccanismi etiopatogenetici impiegati da questi organismi, una maggiore sorveglianza e una migliore attività diagnostica.

In aggiunta alla patologia diarroica la ricerca si orienta verso l'Helicobacter pilori, un batterio responsabile delle infezioni a carico della mucosa gastrica che può portare ad ulcera e a carcinoma gastrico; sulle potenzialità dell'etiologia microbica sull'insorgenza del morbo di Crohn e delle infiammazioni viscerali. La ricerca tenta inoltre di definire il ruolo della normale flora batterica intestinale quale strumento di prevenzione alle patologie di cui sopra.

In Europa, per fare un esempio, la Difillobobotriasi da Latum di Diphyllobothrium, l'Hydatidosis da PS di Echinococcus, la Strongyloidiasis da Stercolaris di Strongyloide, la Trichinellosis da Spirella di Trichina e la Taeneasis da Solium della Tenia sono a tutt'oggi una realtà che non può essere considerata di secondaria importanza e non può essere sconosciuta da chi opera come tecnico sul territorio.

La conoscenza, a mio avviso, va allargata anche ai parassiti che pur non essendo presenti, al momento, alle nostre latitudini rappresentano una terribile realtà nei paesi considerati in via di sviluppo …… così lontani, ma così altrettanto vicini….. riusciremo mai a fare nostro un concetto di globalizzazione slegato da quello di colonizzazione, ma in sintonia con la cognizione che il Pianeta è uno e che noi ne facciamo parte nel rispetto delle diversità che ci caratterizzano ?

Riuscirà, forse, un problema gravoso, come quello legato alla salute pubblica mondiale, a farci superare il pregiudizio imperante che ci impedisce di partecipare e rendere partecipi tutti i cittadini del mondo ad un processo evolutivo globale ?

Chissà se un giorno potremo “ringraziare” questi piccoli ospiti opportunisti per averci permesso di percepire il genere umano quale entità unica da salvaguardare ?

Al momento, purtroppo, la paura di perdere quel benessere che il 1° mondo crede di avere raggiunto tende a mettere in atto un meccanismo di negazione tanto distruttivo quanto involutivo: la negazione relativa alla fragilità dell'essere umano ovunque risieda, alla fragilità di un sistema dominato esclusivamente dal potere economico a discapito del potere umanitario.

In questo progetto, apparentemente utopico, si inserisce l'attività della nostra piccola associazione medica che, nel contesto del programma scientifico proposto atto a riequilibrare i disturbi relazionali (in particolare i disturbi del comportamento alimentare) tende a stimolare e ad educare i Pazienti che per lo più, riflettendo la grave malattia che ha colpito il nostro contesto sociale, tendono a chiudersi ed avvolgersi in loro stessi creandosi dei “buchi psichici” patogeni. Il programma medico rieducativo vuole fornire loro la possibilità di “vedere l'altro”.

Il passaggio di conoscenze, l'avvicinamento a quelle realtà negate, la percezione dei bisogni primari, il sentirsi partecipi in progetti orientati verso il Sud del Mondo permettono ai nostri Pazienti di risentire il riaffiorare della loro parte umana al di là dei condizionamenti devianti a cui sono sottoposti.

Stiamo progettando un intervento in Burundi in collaborazione con l'ospedale di Mivo (Ngozi) ed in particolare con Suor Daphrose Kiraniguye, medico cardiologo burundiano che ho avuto il grande piacere di conoscere a Negrar e che insieme a noi si adopererebbe per progettare un protocollo di aiuto reciproco.

Parliamo di aiuto reciproco in quanto, visto il grande bisogno che i nostri Pazienti hanno di riavvicinarsi ai bisogni primari, e, visto il bisogno che Suor Daphrose mi ha espresso in relazione all'apertura e alla conduzione dell'ospedale di Mivo, come è possibile non tentare un avvicinamento, un'integrazione, uno scambio ?

Casella di testo: Da sinistra il Dott. M.Morandi, la Dott.ssa L.Barbieri, la Dott.ssa Suor D. Kiraniguye e il Dott. P. Leoncini

Ci risulta molto difficile fare comprendere e ai colleghi e ai Pazienti il perché un gruppo di medici e di psicologi hanno deciso di riunirsi in associazione con alcuni dei loro Pazienti …… il perché si tenti di creare una piccola comunità ove potere “crescere” soprattutto nell'ambito del percorso terapeutico.

Risulta difficile comprendere il perché non si sia scelta la strada della struttura medica privata, il perché si tenti di fare missione sul territorio. Curare i disagi relazionali spesso determinati dal contesto sociale, significa cambiare il contesto sociale, attaccare il sistema che ci sta logorando, avviare le coscienze verso la concezione di un nuovo mondo…. un mondo più umano, più rispettoso e nello stesso tempo aprire un “conflitto” ideologico atto a mostrare anche ciò che il sistema nasconde accuratamente, fare missione secondo i dettami ideologici volti alla costruttività nel rispetto e nella tolleranza del singolo ….. perché questa, a mio avviso, è la missione!

Che relazione c'è tra l'anoressia nervosa, la bulimia e l'obesità con la fame nel mondo, con le guerre, con lo sfruttamento ?

L'ansia, la depressione reattiva, le compulsioni …… non sono forse il frutto del 1° mondo ?

NOI …. evoluti cittadini del mondo “civile”, ABBIAMO BISOGNO di quelle tradizioni, di quei rituali, di quella conservata capacità di relazionarsi ancora presenti nella realtà dell'emisfero Sud; abbiamo bisogno di comprendere da vicino cosa significa la sofferenza, quella vera…….. la fame, quella vera ……. i bisogni primari ………..

Ci siamo impoveriti, siamo diventati miopi ………. non riusciamo più a vedere ciò che ci circonda, ad assaporare l'essenza della vita stessa. Crediamo che tutto sia un dato di fatto, crediamo che la conquista non sia più in valore se non in relazione al profitto.

Pensiamo che relazionarci senza produrre sia una perdita di tempo…….. crediamo che il tempo non abbia significato se non in rapporto al denaro.

Non ce la facciamo più a pensare con la nostra testa, abbiamo bisogno di condizionamenti costanti, abbiamo perso la nostra identità sia come individui che come società.

Crediamo che il Sud del mondo abbia bisogno di noi, pensiamo che le nostre elemosine, spesso i nostri rifiuti, rappresentino la soluzione ai loro problemi, pensiamo che il 1° mondo abbia conquistato il senso della civiltà.

Crediamo di essere gli unici capaci di lavorare, di produrre, di migliorare la qualità di vita …….. come mai i suicidi dalle nostre parti sono in aumento ? e le sindromi depressive ? e le malattie da mala-alimentazione ?

Non ci vogliamo neppure porre nella posizione di domandarci se poi tutte queste nostre certezze relative all'evoluzione tecnologica siano corrispondenti alla verità, alla crescita dell'individuo e della sua società.

Perché le ricchezze (e sono tante) del Sud del mondo arricchiscono il Nord ?

Perché abbiamo il bisogno di entrare nella dinamica politica di quei paesi ?

Su che basi crediamo di poter esportare la civiltà ? “esportare”……… direi imporre!!

Perché le nostre avanzatissime case farmaceutiche non producono farmaci e/o non conducono studi adeguati per risanare le endemie dei paesi poveri ?

Crediamo forse che con qualche “missione umanitaria” la situazione si possa risolvere ? oppure che tutte quelle sofferenze di cui non vogliamo sentire parlare si possano alleviare ?

Crediamo forse che le nostre “sante” guerre possano davvero portare “democrazia” ?

Ci siamo chiesti mai che cos'è la democrazia ?

Il rispetto per l'altro ?

La condivisione ?

Ci siamo chiesti che cosa spinge degli esseri umani a lasciare le loro famiglie, le loro tradizioni per tentare di migliorare la loro ( e quella dei loro cari) qualità di vita, rischiando di morire ? dire “rischiando” mi sembra quasi di usare un'espressione svilente e sprezzante nei confronti del pericolo reale al quale milioni di persone ogni giorno vanno incontro.

Visto che i nostri avi hanno fatto la nostra storia : come mai decisero di partire verso i nuovi mondi ? vennero trattati come merce o venne data loro la possibilità di crearsi e creare un mondo teoricamente più appagante ?

Dove è andata a finire la nostra memoria storica ?

Io sono convinta che tutti i progetti destinati ad avviare una collaborazione con i paesi in via di sviluppo debbano trovare radici nel nostro contesto sociale. Il passaggio di conoscenze, una sana e robusta informazione a largo raggio, l'educazione orientata ad accogliere la diversità quale fonte di arricchimento sociale ed individuale rappresentano il motore di ogni iniziativa di interscambio destinata ad affrontare e/o risolvere i problemi dei diversi contesti sociali.

Mi auguro che lo sforzo che la nostra associazione sta facendo sul territorio italiano possa contribuire ad avviare un processo di apertura delle coscienze e di superamento delle barriere pregiudiziali ….. per potere avere un mondo migliore per tutti.

Bibliografia :

•  “Atlas of Medical Helminthology and Protozoology” – 4° ed. – P.L. Chiodini, A.H.Moody, D.W. Manser – Ed. Churchill Livingstone 2001

•  martin.parasitolgy.mcfill.ca/jimspage/worldof.

•  htm

•  Dispensa redatta dalla Dott.ssa M.Gobbo “Corso di laboratorio di base per I Paesi tropicali “ – “Filarie” 2003

 

 

 

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