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Italia - Vicenza - 17.1.2007
Dal Molin, il giorno dopo
Prodi aunnuncia l'ampliamento della base: a Vicenza si infiamma la protesta
Dal nostro inviato Vicenza. Il giorno dopo il sì, Vicenza si risveglia livida e stupefatta. Non tanto per la decisione di Prodi di ampliare la caserma Ederle, concedendo agli americani l'areoporto civile Dal Molin, quanto per la tempestività con cui il premier italiano ha comunicato all'ambasciatore Spogli che la posizione del suo governo era in linea con quella del governo precedente.
Tempismo governativo. Il sì è arrivato proprio mentre i comitati si stavano cominciando a mettere in cammino da piazza Castello per manifestare la propria opposizione alla nuova struttura, che accorperà la 173esima brigata aviotrasportata statunitense, aggiungendo ai 2.750 militari di stanza alla Ederle 1.800 soldati attualmente in Germania, per un costo di oltre 400 milioni di euro. Il tempismo del primo ministro ha scatenato la protesta per le strade del centro. Lungo il corteo che portava alla stazione i sentimenti di delusione, rabbia e impotenza trovavano sfogo negli slogan contro il governo e contro l'amministrazione cittadina. Vicenza non odia gli americani. Non li ha mai odiati, nei 50 anni di presenza della Ederle. Nonostante negli anni '60 si siano verificate risse, violenze, aggressioni e anche qualche caso di stupro per mano dei soldati Usa, la popolazione è tiepida e talora indifferente alla loro presenza. Ciò che non digeriscono, i 5 mila che ieri hanno sfidato il freddo pungente e l'umidità, è stato il silenzio di un governo cittadino - e nazionale - che li ha tenuti all'oscuro di tutto, recitando una parte goffa, incoerente e talvolta subdola. Città incollerita. "La decisione era già stata presa da tempo dal sindaco Hullweck - commenta un commerciante del centro - un sindaco che, manca poco, con l'ambasciatore Spogli ci va a letto". La stessa visita dell'ambasciatore della settimana scorsa è stata tenuta in gran segreto dagli amministratori, e sarebbe passata del tutto sotto silenzio se qualche centinaio di contestatori non avessero appreso la notizia per passaparola, inscenando una protesta di fronte al palazzo comunale, il cui atrio è stato simbolicamente occupato. Così, ieri sera Vicenza ha accolto la decisione di Prodi manifestando la propria collera per il comportamento del governo nazionale. "Prima fanno la pantomima dell'antiamericanismo - dice un operaio -, con Berlusconi che dice a D'Alema di mettere a rischio l'alleanza con Bush, poi il Consiglio dei ministri che deciderà venerdì, infine Prodi che fa tutto da solo e comunica da Bucarest che è 'doveroso mantenere gli impegni' con gli alleati". Partono gli slogan, mentre i media di tutta Italia, che si trovano per una volta nel posto giusto al momento giusto, raccontano la cronaca della manifestazione.
Pronti, via. Partenza alle 20.30 da piazza Castello. Il popolo del 'no' è variegato e composto. Ci sono ragazzi, nonni, bambini. Tutti hanno le bandiere contro la base stampate dai comitati. Molti hanno pentole e padelle, e fischietti. Ogni tanto spiccano i simboli di qualche partito, gli stendardi dell'unico sindacato che ha preso una posizione netta contro la base, gli striscioni di ong e associazioni. Ci sono esponenti di sinistra, di destra e di centro. Dopo l'annuncio di Prodi, sul volto di Cinzia Bottene, la portavoce del comitato del 'no', si dipinge l'incredulità: "Non ci posso credere, non ci credo". Ci sono i Disobbedienti di Francesco Pavin, c'è Oscar Mancini, segretario generale Cgil, poi alcuni rappresentanti dei partiti, forse i più in imbarazzo dopo la decisione del premier. Ma c'è anche la destra, quella estrema, con il leader di Azione Sociale Alex Cioni. E poi la Lega col suo 'cane sciolto', il consigliere comunale Franca Equizi, che non risparmia bordate al 'suo' sindaco, essendo il suo partito nella coalizione del governo locale. Ci sono tutti, ma nel corteo non vi sono divergenze d'opinione. Non vi sono stecche nel coro del dissenso. La messa laica. 'Vergogna, vergogna' echeggia dal centro della folla che si muove compatta verso il Comune. Qui, provocatoriamente, alcune decine di manifestanti hanno bruciato le loro tessere elettorali, come nella migliore tradizione delle genti di Carrara durante la sfilata del Primo maggio anarchico. Oltre alle bandiere, a Vicenza ieri tutti avevano una fiaccola. Mentre la processione si snodava sul lungo viale che conduce alla stazione, si aveva l'impressione di partecipare a una messa laica. Una cerimonia urbana e civile, che celebrava però il definitivo, ulteriore distacco dei cittadini dai loro amministratori. Qui come in Val di Susa, contro il Tav. Qui come tutte le volte che la politica ha disatteso non solo la volontà, ma anche il diritto dei cittadini di partecipare alle decisioni. "Il referendum forse non si farà più - lamenta uno studente -, ma a che potrebbe servire, se tutto è già stato deciso?". "A mostrare a questo sindaco - gli fa eco un amico - che tutta la città è contro di lui, che nessuno è stato informato, che nessuno ha potuto dire la sua". La loro la dicono adesso, i vicentini, mentre la stazione è presa pacificamente d'assalto e sui binari occupati sale l'entusiasmo, si gonfia il coro contro governi e governanti, si percuotono pentole e padelle, si grida 'Vicenza libera' e ci si conta, ci si riconosce. Quanto durerà la protesta? "La mia, personale, è già iniziata - spiega Giorgio, 40 anni, in braccio la figlia avuta dalla moglie americana -. Da stasera ho iniziato il mio sciopero della fame: questo governo mi ha deluso e ferito. Da stasera la situazione si è fatta inaccettabile". Quanto durerà?, chiedono con gli occhi i 5 mila a Cinzia Bottene, cittadina comune, senza alcun passato di militanza politica o di attivismo sindacale, che adesso arringa la folla con un megafono in mano. "E' stata l'indignazione a farmi scendere in piazza". La Polfer ha bloccato 20 convogli, in arrivo da Verona e da Padova. C'è chi suggerisce di restare in stazione tutta la notte. Ma il luogo dove la protesta continua, e continuerà a lungo - assicurano - è al Dal Molin, sede della nuova base. Ci si sposta, con la truppa di operatori televisivi che illuminano la notte, due chilometri più a nord. Il presidio è un grande capannone prestato ai cittadini da RadioSherwood di Padova. C'è musica, vino caldo, qualche falò. La signora Giuliana, che ha concesso il proprio terreno ai comitati, vota Lega, e nelle villette residenziali tutt'intorno abita la buona - e ricca - borghesia vicentina, una volta fedele alla Democrazia cristiana, oggi a Forza Italia. Ma anche loro contrari alla base. Anche loro simboleggiano una protesta trasversale, che, secondo Giovanni, 32 anni, "testimonia la crisi e l'imbarazzo di una classe politica incapace di rappresentare". La notte di Vicenza termina, e la città al risveglio riprende la sua vita, tra operai che partono alla volta delle concerie di pellami e i distinti operatori della gioielleria mondiale giunti in città da ogni dove per la fiera dell'oro. Chiediamo a uno di loro, finlandese, cosa ne pensa della presenza militare Usa in Italia. "Non lo sapevo - risponde -. Non sapevo che gli Usa fossero in guerra con l'Italia"
Luca Galassi
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