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Vuoti di memoria.

a cura di Nicoletta Serra

Ognuno di noi nasce come risorsa per sé e per gli altri. Ognuno di noi è padrone della propria vita e ne possiede ogni cambiamento, benché questo possa fare paura.

Ciò mi sembra ovvio nell'attimo in cui il mio sguardo perde le reali percezioni ed è colto da un turbine che mi precipita in vuoti di memoria.

“Quello che il bruco chiama morte gli altri dicono farfalla”.

Il mio scrivere non finisce nella dolcezza della frase citata, ma nasce dall'immagine di epifania e di rivelazione che la stessa suscita.

Il mio dire vuole essere portavoce di un incanto, si ordina a mano a mano che il mio sguardo si libera e si disperde a nuovi orizzonti luminosi, in percezioni sfuocate, quando gli infanti pensieri, tra loro disordinati, si compongono nell'essenza di un solo pensiero maestro.

La vita è come un film. La sua pellicola procede veloce e noi registi la vediamo scorrere. Ci sono i registi e ci sono gli attori. In seno a questa metafora e senza entrare nel merito di sì fatti mestieri, i registi svolgono il compito di monitorare, di osservare scene e personaggi. Gli attori (sempre, e lo sottolineo, attenendoci alla rappresentazione mentale che vi ho offerto) si lasciano affogare dalle vicissitudini, sono soprafatti da gioie e dolori; burattini manovrati dal caos … quest'ultimi vivono una vita che finisce per vivere loro stessi.

Come mi è difficile tradurvi il mio pensiero in parole povere e mi scuso se il mio concetto vi sfugge: è colpa mia.

La domanda che si pone al centro del mio ragionamento è: “Quanto siamo padroni del nostro vivere?”

Io reputo che la mia domanda possa essere oggetto di sottovalutazioni. Dietro questo punto interrogativo si nascondono tanti mondi quante le persone , che di fronte alla stessa si fermano, ribadisco, si fermano a pensare. Persone che in quell'attimo in cui pensano sanno già rispondere e incarnano il loro possedersi. Ora, a piccoli passi, vi espongo quanto si irradia da questa sola domanda. Un ragionamento profondo e così liberatorio, un ragionamento che si veste perfettamente con l'idea che, similmente alla particella di sodio nell'acqua, naviga nel mio pensare con garanzia di verità: noi come risorsa.

Parola chiave dell'intera domanda è PADRONE, IL CUI SOSTANTIVO è PADRONANZA.

PADRONANZA è sinonimo di POSSEDERE.

Mi è già capitato di scrivere un articolo con questo titolo, ma solo ora nella mia testa il termine rinvigorisce il suo colore.

“Il piccolo principe atterrò sul quarto pianeta, abitato da un uomo d'affari.

« Che cosa conti?» chiese il piccolo principe

« Conto milioni di quelle piccole cose che si vedono qualche volta nel cielo. Di quelle piccole cose dorate che fanno fantasticare gli uomini poltroni, sono un uomo serio io! Non ho tempo di fantasticare.» disse l'uomo d'affari.

« Ah, ho capito» disse il piccolo principe «conti le stelle»

« Eccoci, le stelle.»

« Ma perché conti le stelle?»

« Perché così, amministrandole, contandole e ricontandole io le possiedo; perché mai nessuno prima di me si è sognato di possederle».

Il piccolo principe pensò: “E' divertente, abbastanza poetico; ma non è molto serio”.

Disse il piccolo principe: « Io possiedo un fiore che innaffio tutti i giorni. Possiedo tre vulcani dei quali spazzo il camino tutte le settimane. È utile ai miei vulcani ed è utile al mio fiore che io li possegga. Ma tu non sei utile alle stelle. »

Il piccolo principe pensò “Decisamente i grandi sono proprio bizzarri!”

Ho voluto riportare questa piccola parte di un libro di Antoine De Saint-Exupéry, “Il Piccolo Principe” per spiegarvi cosa ho capito, leggendo, di questa parola così complicata: possedere.

Possedere. Possediamo ciò a cui noi siamo utili. Poco importa se gli altri non siano utili per noi, forse non sono, semplicemente, riusciti a possederci. Ciò che conta è che possediamo ciò che riempiamo di significato, ciò che sappiamo far valere; possediamo ciò per cui niente sarebbe se non ci fossimo noi, quindi, possediamo i nostri valori, i nostri credo e tutto ciò che abbia origine in noi e che non continui e termini se non nella nostra persona. Già, un pensiero non facile quello che voglio comunicare, eppure in sé così semplice: l'uomo possiede la vita perché in grado di nobilitarla e di esserle utile.

Questo mio ragionare non può che condurmi all'idea dalla quale sono partita, perché chi ha già avuto la “sfortuna” di leggermi saprà bene che non c'è, per me, inizio migliore di quello a cui si arriva alla fine. Dicevo che tutto questo ragionare mi porta alla prima verità: l'uomo come risorsa, l'uomo come chi decide, chi, o chi decide cosa. Quanta libertà nel mio pensiero che spero tanto riusciate ad assaporarla.

Quindi possedere come essere utile, in questo senso quindi donare, donare se stessi per… quanti esempi saltano alla mente: possedere un marito per amarlo, possedere una famiglia per proteggerla, possedere un lavoro per agire , possedere un amico per ascoltarlo.

Possedere è diverso dall'essere posseduti. L'essere posseduti è il ruolo dell'attore, dell'attore che ho descritto in questo articolo. Essere posseduti significa perdere il controllo di sé ed essere travolti dalle contingenze, dagli affanni, dall'euforia, dalla paura, da tutto ciò che per definizione dovrebbe appartenerci, come unici datori di senso e di significato. Come la paura sarebbe capace di metterci in allerta se non fossimo noi a permetterglielo (e mi permetto “ad esserle utile”), se non la possedessimo tenendo ben ferme le sue redini? Ho preso ad esempio la paura perché penso che sia un po' pane quotidiano per tutti.

Sciolto il nodo del possedere, la risposta alla domanda: “Quanto siamo padroni del nostro vivere?”, viene da sé ed ognuno ha la sua, ma, poiché non c'è migliore risposta ad una domanda che un'altra domanda, io, in questa sede, rispondo: “Quanto, oggi sono riuscita con la mia persona ha essere utile alla mia vita e a quella altrui?”.

Questo articolo è l'insight che sboccia dopo essermi fermata, più volte, con lo sguardo immobile a pensare “chi sono?”, “dove sono?”. Tutte le volte che il mio occhio si fissava su di un'immagine che immediatamente si dileguava per dare spazio alle mie domande, ogni volta ero presa dalla paura di non saper rispondere. Solo stendendo l'articolo, ho saputo dare parola al mio pensiero, perché lo possiedo e perché lo voglio condividere: l'importanza che ha ogni singola persona equivale all'esteso mondo che ella possiede e dona.

Ciò può sembrare contraddittorio rispetto alla frase che apre l'articolo: perché il bruco dovrebbe aver così tanta paura di diventar farfalla? Come si potrebbe biasimare il bruco che ha paura di diventare farfalla? Con umiltà accetta di diventare altro da sé, timorosa di perdere ciò che fino ad ora ha posseduto. Amiamo così tanto ciò che possediamo e per cui diamo tutti i giorni la nostra vita, che nel momento in cui ci si prospetta in noi un cambiamento, dimentichiamo di possedere tra le altre cose il cambiamento stesso e, come attori, veniamo sopraffatti dalla nostra paura di abbandonare tutto senza essere più ciò che siamo.

Recitando le parole del Piccolo Principe: “I grandi sono davvero bizzarri.”

Noi possediamo i nostri cambiamenti e siamo come la farfalla, che, pienamente conscia di ciò che sta vivendo, nella gioia e nel dolore della sua metamorfosi, è ancora una volta utile alla sua vita e ne adempie i suoi cambiamenti.

Eppure so di non avervi ancora convinto, come del resto sembra sfuggirmi qualche cavillo e granelli di sabbia imbrattano i miei processi.

“Perché soffriamo quando cambiamo? Se il cambiamento non è che il crescere di una vita intera in sé, vasta e sempre aperta?” io credo perché siamo piccoli e, come bambini, come credenti (qualunque sia il nostro Credo), come allievi, come uomini ci sembra così strano che qualcosa più grande di noi, come la vita e l'amore possa adempiersi attraverso noi. È umano avere paura talvolta di non essere umani.

Spero di essere riuscita a regalarvi un respiro di sollievo.

Questo articolo è nato e ve l'ho presentato per due ragioni:

  1. perché troppo spesso ci dimentichiamo di essere linfa vitale, risorsa per noi e per gli altri. La gioia di poterselo ricordare, ogni volta, va condivisa con chi a queste “cose” crede;
  2. per ringraziare chi mi è stata musa ispiratrice e con i suoi occhi, pieni di umiltà, ha veduto volare tante farfalle all'interno dell'associazione, ancora prima di me. Grazie a Ida !

Nicoletta Serra

 

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