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Indigniamoci, indigniamoci, indigniamoci
di Sergio Lepri
 

Cari amici, mi spinge a scrivervi il convegno che si è svolto giorni fa nella sede del Cnr, organizzato dall'Anpi, dall'università di Roma "Tor Vergata", dall'Ordine dei giornalisti e dalla Federazione della stampa. Tema: "Informazione, cuore della democrazia". Tanti sono stati i problemi sollevati; mi fermo su due. Il primo problema, denunziato dal Rettore: la perdita della memoria storica; il secondo problema, denunziato da Sergio Zavoli: la non percezione del pericolo. Ossia: è grave dimenticare le esperienze del passato; è grave che ci sia un pericolo, ma è ancora più grave che del pericolo non ci si renda conto.

Per la sua età il Vecchio Giornalista è largamente portatore di memoria e come tale non manca di percepire quei pericoli del momento che hanno molte analogie con pericoli antichi.
Il Vecchio Giornalista è nato e cresciuto sotto il fascismo e dei tanti brutti ricordi di quei tempi lontani ne ha uno che lo angustia ancora oggi e lo preoccupa: l'indifferenza, l'accettazione passiva da parte dei cittadini di ogni provvedimento del Regime, stupido o drammatico che fosse.

Ci dicevano un giorno che era proibito darsi del lei e bisognava darsi del voi; che stupidaggine, pensavamo, e ci davamo, in pubblico, del voi. Ci dicevano che non si doveva dire "insalata russa" (che brutto forestierismo!), ma "insalata tricolore"; che stupidaggine, pensavamo, e nei ristoranti chiedevamo, annoiati, "insalata tricolore". Leggevamo che Tunisi e Biserta erano una "pistola puntata verso l'Italia"; ma questo è un accenno di guerra, pensavamo, e cambiavamo discorso. Peggio: nel luglio del 1938 leggemmo il manifesto degli scienziati razzisti; antisemitismo? che stupidaggine, pensammo; e, non prevedendo quello che sarebbe accaduto solo un mese e mezzo più tardi, ne parlammo con gli stessi nostri amici ebrei e insieme (sì, anche loro) dicemmo: che stupidaggine. Stupidaggine e basta.

E' un fenomeno che il Vecchio giornalista ha ritrovato più tardi nelle società rette da sistemi autoritari, nella Spagna di Franco, nell'Unione Sovietica, di fronte alle parole e agli atti del Potere: non la rassegnazione, che comporta uno stato emotivo, ma l'accettazione passiva, indifferente di quelle parole e di quegli atti. Come quando grandina, e ci limitiamo a non uscire da un chiuso e rimanere al coperto.
Non succede oggi, amici, qualcosa del genere? Sono soltanto io, siamo soltanto in pochi a reagire con indignazione a certe decisioni del governo, a certi fatti abnormi nel campo dell'informazione?
Mi sembra che sia così, purtroppo. Conflitto di interessi, limitazione delle intercettazioni, lodo Alfano? parlarne è quasi una noia. E l'informazione dei telegiornali del Servizio pubblico? Anni fa ci scandalizzammo del "panino". Vi ricordate? "Panino", prima versione: "Dichiarazione del governo" - "Commento dell'opposizione" - a chiusura "Commento della maggioranza". "Panino", seconda versione (un perfezionamento): "Dichiarazione del governo" - "Commento dell'opposizione" - a chiusura "Commento della maggioranza non alla dichiarazione del governo ma al commento dell'opposizione".

Oggi, altro che "panino"; abbiamo la "fetta imburrata": "Dichiarazione dell'opposizione" e subito dopo, a volte in diretta, "Commento della maggioranza", a base di solidi argomenti come "Sono tutte falsità", "Sono farneticazioni", "Avrebbe fatto meglio a tacere" e così via.

Incredibile è che questa che Sergio Zavoli ha chiamato "mancanza di percezione del pericolo" si diffonda anche nella stampa che non è di Berlusconi o non gli è sottomessa. Esempio. Il rapporto annuale dell'americana "Freedom House, trasmesso dall'Ansa il 39 aprile scorso: l'Italia è in Europa il fanalino di coda in termini di libertà di stampa; l'Italia è scesa dalla fascia alta, quella dei paesi liberi, alla fascia intermedia dei paesi "parzialmente liberi", unico paese dell'Europa occidentale; la colpa: della concentrazione dei mezzi di comunicazione pubblici e privati nelle mani di un solo magnate.

Nessuna sorpresa se i telegiornali, anche quelli del Servizio pubblico, hanno ignorato il rapporto 2009 di un'organizzazione indipendente come "Freedom House", fondata negli Stati Uniti nel 1941 per la difesa della democrazia e della libertà nel mondo e la cui prima presidenza fu di Eleanor Roosevelt, la "first lady". Sorprende che ne abbiano parlato poco o niente anche i giornali che non appartengono all'area di destra e centrodestra. Giorni fa un collega che lavora in un uno di questi giornali, un giornale nazionale, mi ha detto di aver faticato a convincere direttore e colleghi a pubblicare un sunto del servizio dell'Ansa; è stato poi pubblicato, ma in una pagina interna, in basso.

Manca la percezione del pericolo, come dice Zavoli; manca l'indignazione, aggiungo io. Indigniamoci, amici, e facciamo sentire meglio la nostra indignazione; e sùbito; poi sarà troppo tardi. Non sarà, forse, regime; non sarà dittatura; ma sicuramente qualcosa che non ci piace.
 
E se proponessimo di legalizzare il mignottismo?
di Ottavio Olita - tratto da Articolo 21
Francesco Saverio Borrelli propose qualche anno fa “Resistere, resistere, resistere”:   da destra lo subissarono di critiche, da sinistra ottenne pochi e distratti ascolti. Il mio primo, indimenticato, direttore giornalistico, Sergio Lepri, oggi proclama da questo sito “Indigniamoci, indigniamoci, indigniamoci”: chi lo farà? in nome di che? perché condivide le ragioni di tanto disgusto, o perché gli sarà indicato che è giusto farlo? Sergio Zavoli parla di “non percezione del pericolo”. Ma chi lavora, studia, è impegnato nel sociale, chi legge i quotidiani e ascolta i notiziari, come fa a non rendersene conto?
  Che Paese siamo diventati?! Gli allarmi lanciati da Franceschini, Di Pietro, esponenti della sinistra non più presente in Parlamento, intellettuali come Sartori, dallo stesso Presidente della Camera Fini vengono letti, illustrati, interpretati come espressioni di un gioco delle parti in cui c'è solo ed esclusivamente un tornaconto di carattere elettorale o personalistico. E i valori, la cultura, la morale, il rispetto delle idee e degli uomini e delle donne che ne sono portatori non servono più a nulla? La valutazione di affermazioni e atti, a volte gravissimi, dipende solo dalla posizione che si assume rispetto a chi esprime o compie quelle affermazioni e quegli atti.
  Stiamo rispedendo al macello centinaia di disperati, partiti solo alla ricerca di una speranza di vita e di futuro, e invece di vergognarcene di fronte al mondo proponiamo, per bocca del nostro Governo in una cerimonia solenne come la Festa della Polizia, l'esaltazione di quella scelta come degna del “fermeremo i nemici sul bagnasciuga” tanto sfruttata, ma anche nefastamente falsa e stupida, nel ventennio. Provate a riascoltare le valutazioni fatte dai soliti dichiaranti con microfono annesso: Cicchitto, Quagliarello, Bocchino, Gasparri, Capezzone. Altro che “subiscono il ricatto della Lega”: quella si chiama condivisione. E tutti gli altri del Pdl che non hanno accesso alla dichiarazione televisiva, ‘panino' o non ‘panino', cosa ne pensano? Tutti allineati e coperti, anche di fronte a tanta, immensa disumanità? Dove sono finiti cultura, anima, sensibilità, coraggio individuali?
E cosa dire dell'incredibile, antistorica, incolta affermazione del Presidente del Consiglio sull'Italia multietnica voluta dalla sinistra che loro cercano di contrastare? Solito giro di microfoni, solito rimpallo di reazioni. E i cittadini, soprattutto i più giovani? Che strumenti hanno o hanno avuto a disposizione per capire, sapere, valutare? Ecco perché diventa necessario chiedere al centrosinistra: ma davvero si può credere che la battaglia politica da sola possa bastare a dare una svolta? Che battere Berlusconi e la sua impresentabile corte servirà a cambiare un Paese che negli ultimi 15 anni è stato abbandonato ad una spaventosa deriva di sottocultura, ossessioni di successo televisivo, delegittimazione delle istituzioni, propaganda spacciata per azione di governo? Massimo d'Azeglio si rese conto che l'unificazione politica dello Stivale non bastava ed ebbe il coraggio di dichiarare che “fatta l'Italia, bisognava fare gli italiani”; dalle macerie del secondo dopoguerra non si uscì solo perché la Democrazia e una grande lotta di popolo sconfissero Fascismo e Nazismo,  ma anche perché grazie ad una straordinaria Carta Costituzionale, elaborata non per schieramenti ma per forti valori ideali, vennero poste le condizioni per una nuova Italia fatta di cittadini e non più di sudditi, sulla base della quale nessuno – di nessuna parte politica che si riconosca in essa - dovrebbe sognarsi di proporre vagoni di metropolitana riservati a una parte del popolo italiano con esclusione di tutti gli altri.
Le chiamano provocazioni. Ma poi, di cose serie non si parla mai e questo è il livello di dibattito che tiene banco. Possibile accettare di lottare su questo terreno? A chi, nel centrosinistra, crede che sia possibile farlo ho da dare un suggerimento: una proposta di legge perché in Italia venga abolita qualunque tipo di condanna, morale, penale, civile del 'mignottismo', pratica non ascrivibile solo al più antico mestiere del mondo ma a tutti quelli che per qualche tornaconto personale – un seggio in Parlamento, una poltrona in un Ente, un posto in un Consiglio d'Amministrazione, una promozione – accettano di mandare il cervello al macero per ‘credere, obbedire, combattere'. Basta con i moralismi! Viva la libertà di corruzione! Ovviamente scatterebbe l'indignazione del centrodestra, e quella sì che avrebbe ascolto e divulgazione!

A tutti gli altri, a tutti noi, a quanti credono ancora in un Paese che possa confrontarsi con pari dignità con i principali Stati Democratici del mondo - senza più dover assistere all'incresciosa scena di un premier  che preferisce restare attaccato ad un telefonino piuttosto che condividere un gesto di grandissimo valore simbolico per tutta l'Europa -, credo che corra l'obbligo di un impegno, ben organizzato, per reagire, per ricostruire il Paese dalle macerie morali, materiali e culturali che lo stanno devastando. La prima iniziativa è quella che, con grande lucidità, indica Beppe Giulietti: la lotta al razzismo in tutte le sue manifestazioni. Nelle scuole, nei posti di lavoro, negli uffici, sui mezzi di trasporto, nelle proposte di legge, negli atti istituzionali. E a seguire la solidarietà, la tutela dei diritti violati e minacciati, la costruzione di prospettive vere per le giovani generazioni. In pratica basterebbe riattivare tutte le voci della Costituzione. E certo non servirà muoversi una volta. Occorre un programma a lungo termine di rieducazione in cui le forze politiche democratiche, sociali, sindacali, l'associazionismo devono trovare un comune terreno d'azione, senza ossessioni di primogeniture. Solo così si può immaginare che, tra qualche anno, speriamo non troppi, se a qualche altro alto esponente istituzionale venisse in testa di dire che una povera donna in coma vegetativo da 17 anni, moribonda, alimentata e ventilata forzatamente, sarebbe comunque in grado di procreare per cercare, in questo modo, di bloccare la sua stessa volontà, sarà una grande, spontanea, motivata indignazione popolare a spazzarlo via politicamente.

 

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