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Riguardo al PREMIO conferito a  Paul KAGAME.
Reagisce da BUKAVU, capoluogo del SUD KIVU (RD.Congo), un altro MISSIONARIO SAVERIANO
E' già trascorsa  una settimana dall'avvenimento che mi ha lasciato letteralmente sbalordito e indignato. Ho preferito non reagire subito (anche se il sangue romagnolo che porto nelle vene mi spingeva a farlo) di fronte all'incredibile notizia del conferimento ufficiale del premio di “abolizionista dell'anno” conferito al Presidente del Rwanda Paul Kagame.
Ma l'amarezza mi è rimasta nel gozzo.
Se tale premio l'avesse ricevuto da Pannella,  a nome dei Radicali, pazienza, non me ne sarei meravigliato più di tanto. 
Ma che il premio l'abbia ricevuto ufficialmente proprio da Romano Prodi , capo del Governo italiano, questo mi sembra davvero intollerabile.
Da 37 anni sono missionario qui nel Kivu, all'estremo Est della RD Congo.
Ho dedicato tutta la mia vita a queste popolazioni, testimone e partecipe delle sofferenze incredibili vissute da questa gente soprattutto in questi ultimi dieci anni, da quando i soldati rwandesi del generale KAGAME hanno invaso questa terra congolese seminando morte e distruzione..
La guerra condotta congiuntamente dal Rwanda e dall'Uganda (con la partecipazione anche del Burundi) qui all'Est del Congo, ha causato, lo sanno tutti e lo affermano le statistiche ufficiali, oltre 4 milioni di morti.
Più di quattro volte il genocidio avvenuto nel '94 in Rwanda !
Prodi e gli altri Signori del Governo italiano non potevano non saperlo.
O hanno preferito far finta di averlo dimenticato per …far piacere ai Radicali?
Sono tentato di pensare che tutti quei morti siano forse per loro  solo cifre astratte , incolori, insapori e inodori. Per me e per tutti i missionari che hanno vissuto tutti quegli anni di incubo accanto a questa gente, sono invece un dramma immenso che nessuno potrà mai più cancellare dalla mente, né dal cuore.
Mi domando se un uomo che ha tanti crimini sulla coscienza meritava davvero di essere premiato. Non sarebbe stato forse più giusto dare avvio alle procedure per tradurlo davanti a un Tribunale internazionale , come è avvenuto per Milosevic e  per l'ex presidente del Liberia  Charles Taylor ? 
Perché si usano due pesi e due misure ? Per alcuni scatta la giustizia e per altri vige l'impunità.
 Mi domando fino a quando si permetterà al Presidente Rwandese  di utilizzare la carta del “genocidio” come pretesto e alibi per prolungare senza fine il martirio delle popolazioni congolesi del Nord e del Sud Kivu ?
Con l'appoggio del regime di Kigali, che continua ad inondare di armi e di “soldati rwandesi infiltrati” i ranghi dei “nuovi ribelli” dell'Est del Congo   comandati del generale Nkunda Batware ( che, guarda caso, era ufficiale nelle truppe di Paul Kagame in Rwanda e nel giugno del 2004 aveva occupato e insanguinato la città di Bukavu ),  ha ripreso inizio  qui nel Kivu , proprio in corrispondenza di questa premiazione,  il tentativo di una terza guerra che sta causando  tanti altri morti e decine di migliaia di profughi..
Prodi, insieme al Ministro degli Esteri D'Alema, farebbero bene ad informarsi seriamente sulla situazione che prevale attualmente qui nel Kivu ( situazione altrettanto drammatica di quella del Darfur !) e, come atto di riparazione per la “gaffe” appena compiuta, dovrebbero sentire il dovere di coscienza , superando le ipocrisie della politica, di svolgere una coraggiosa pressione diplomatica allo scopo di porre fine alla nefasta opera di destabilizzazione dell'Est del Congo da parte del Presidente Rwandese.
P. Giovanni Querzani
Missionario Saveriano a Bukavu    (R.D.Congo)
il manifesto del 02 Settembre 2007
Kagame e il premio sulla pena di morte, al di là delle polemiche
 
In tanta povertà di fatti e di idee, la scelta di Paul Kagame , presidente del Ruanda, come destinatario di un premio « buonista » e «pacifista» brillava per un'insolita acutezza e poteva essere lo spunto giusto per trattare i problemi dell' A frica in modo meno conformista del solito. Purtroppo l'occasione, caratterizzata da inevitabili polemiche, non è stata sfruttata al meglio. Certo, non era nelle intenzioni di nessuno far scadere il dibattito su un soggetto oggettivamente controverso al rango ormai logoro del dittatore africano perdonato e incensato perché prono alla strategia am erica na, dimenticando pressoché tutto del suo passato di ufficiale dell'esercito dell'Uganda, di capo guerrigliero che ha usufruito di un addestramento militare ad hoc negli Stati Uniti, di «uomo forte» di un regime che doveva porre fine a una guerra civile, di esportatore della guerra in Congo-Zaire prima per rovesciare Mobutu e poi per depredare le sue ricchezze minerarie destabilizzando il governo che proprio l'esercito ruandese aveva contribuito a insediare a Kinshasa e finalmente di capo di stato plebiscitato in elezioni a dir poco dubbie. A lto, magro, occhialetti d'oro, Paul Kagame ha il physique du rôle dello statista dell'era globale ed è stato a lungo gratificato da Washington con l'aureola del «democratico». Con l' ugandese Museveni è diventato l'elemento di punta di quella élite postcoloniale che ha cercato di far uscire l' A frica dal caos applicando un sommario stato di diritto e sposando per filo e per segno la retorica del mercato. L'intreccio di violenza attiva e passiva in cui è maturata e si è affermata la sua leadership lascia capire peraltro quali e quanti siano i passaggi oscuri o decisamente criminosi del suo curriculum, giustificando ampiamente le proteste che da più parti si sono levate per l'incoronazione di Kagame come «abolizionista dell'anno».
È impossibile riassumere in breve le circostanze in cui è avvenuto l'accesso al potere di Paul Kagame e del suo Fronte patriottico ruandese ( Fpr ). L'anomalia è iscritta nella coincidenza fra la vittoria di Kagame alla testa di un movimento militarizzato di esuli tutsi penetrato in Ruanda dal vicino Uganda e l'eccidio a danno soprattutto dei tutsi residenti per opera delle milizie del governo hutu morente. Per ragioni di comodo, si fa uso qui delle categorie di hutu (la maggioranza num erica della popolazione del Ruanda) e tutsi , sapendo tuttavia che dietro le definizioni etniche ci sono appartenenze e rappresentazioni con valenze più complesse d'ordine politico, sociale e individuale . Il rovello storico, e in una certa misura morale e anche penale, che si accanisce contro Kagame riguarda appunto il rapporto fra la marcia trionfale dei tutsi da una parte e il massacro dei tutsi dall'altra. Quale la causa e quale l'effetto? In termini giudiziari, Kagame , personalmente o attraverso alcuni stretti collaboratori, è inquisito dalla giustizia francese non per il genocidio in sé (come si è scritto) ma per aver organizzato o ordinato l'operazione - atto di guerra o terrorismo - contro l'aereo su cu cui viaggiava il presidente ( hutu ) del Ruanda. Il presidente Habyarimana stava tornando a Kigali dalla Tanzania dopo un ennesimo round del negoziato fra governativi e ribelli per una tregua. Era il 6 aprile 1994 e subito dopo si è scatenata l'insana strage di tutsi . A rigore, confermando l'ambiguità della dicotomia hutu-tutsi , i primi ad essere uccisi furono alcuni eminenti esponenti dell'establishment hutu considerati troppo teneri con i tutsi .
Sono due le ipotesi circa l'origine dell'atto di quel fatale 6 aprile. La prima è un'accusa a Kagame , che con Habyarimana vivo temeva di doverlo accettare, in proprio o per il tramite di un uomo fidato, come capo anche di un eventuale governo di unità nazionale. La seconda è un regolamento di conti all'interno della comunità hutu fra estremisti e possibilisti. Molti indizi fanno pensare che il genocidio sia stato un'azione preordinata e concordata. Come detto, un procuratore francese ritiene di avere le prove per incriminare Kagame e i suoi. La congiura potrebbe essere stata preparata dagli zeloti del Potere Hutu per una qualsiasi emergenza. Sull'inchiesta della magistratura francese grava il sospetto di una manovra di disturbo per oscurare le molte e imbarazzanti complicità di Parigi con il regime hutu e gli autori degli eccidi.
La strage di tutsi finì quando il Fpr di Kagame conquistò la capitale. Nei mesi successivi ci fu l'esodo massiccio di hutu (difficile distinguere i contadini impauriti dai genocidari ) verso il Congo seguito da un contro-eccidio di hutu nei campi di raccolta sul confine mentre era in corso la «guerra di liberazione» dell'allora Zaire da parte di un esercito che faceva capo a Kabila ma che era in realtà una coalizione orchestrata da Ruanda e Uganda con reparti regolari dei due eserciti e molti « tutsi » (in questo caso un'etichetta più politica che etnica) residenti in Congo.
Per anni sulle atrocità commesse in Ruanda hanno indagato due giustizie: quella internazionale (un'agenzia del Tribunale speciale dell' A ja con sede a A rusha ) e quella ruandese . Il codice applicato a A rusha esclude la pena capitale. In Ruanda sono state comminate condanne a morte. Il governo di Kagame è stato accusato di voler condizionare A rusha sottraendogli i «nemici» più pesanti e ricattandolo perché non svelasse i segreti dei misfatti in Congo. Nelle condizioni del Ruanda, con migliaia di accusati e una « colpabilità » virtualmente di massa, l'abolizione della pena di morte, che si accompagna a una rivalutazione della giustizia comunitaria accanto a quella formale, acquista un significato che va al di là di una semplice riforma della legislazione. Come ha scritto di recente Wole Soyinka , le procedure di confessione pubblica, perdono e riconciliazione, su cui pure lo scrittore nigeriano ha qualche riserva, almeno nel caso del Sudafrica post-aparheid , possono essere un'ancora di salvezza per l' A frica degli orrori, addirittura un rilancio dell'umanesimo in grado di contagiare nel bene tutto il mondo.
“Dopo il decollo l' aereo puntò verso sud-est e dopo un'ora di volo, invece della monotona savana grigio-bruna vedemmo il verde intenso dei monumentali ma dolci monti Kivu . Era la parte più bella dell' A frica, un mondo fatato di boschi e laghi, di cielo senza nubi e paesaggi sereni.
R. Kapuscinski , “La prima guerra del football”, 1978
Giampaolo Calchi Novati
 
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