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Se ne è andato Michael Jackson
di Pierpaolo Olivieri
In questi giorni di grandi eventi internazionali come il G8 dell’Aquila ho notato con quanta enfasi e clamore compaiano quotidianamente le notizie sulla morte di Michael Jackson. Trovo spropositata la portata di questo evento, pur comprendendo l’interesse dei media di fronte alla morte della pop-star per eccellenza degli ultimi quaranta anni. In passato, come tanti, altri ho amato le sue canzoni, i suoi video, il genio che emergeva dai suoi mitici passi di danza, ma poi il suo accanimento nel volere cambiare il colore della pelle e tutte le notizie sulla sua vita privata che si sono susseguite, vere o presunte, hanno ridimensionato nella mia mente il personaggio passando da artista eclettico a uomo malato e deviato. Dopo la sua morte ho assistito ad un nuovo e scontato effetto mediatico: le vendite dei suoi dischi si sono impennate facendo salire i suoi album in vetta a tutte le classifiche e il suo profilo su Facebook è passato da settemila a un milione di amici nel giro di una settimana. Le polemiche e la ridda di notizie sulle cause della sua morte riempiono le pagine di tutti i giornali: malore, suicidio o, come sembrano prendere piede in questi ultimi giorni, accuse di complotto in omicidio per lo staff medico che aveva in cura il “paziente” Jackson.

Sinceramente trovo che di fronte alla tragicità della morte bisognerebbe avere maggior rispetto,ma è proprio chi dovrebbe esigere maggior rispetto, come i familiari e parenti delle vittima, mi sembrano i primi a sobillare l’opinione pubblica e tutti i media alla spasmodica ricerca della verità. Una parola troppo importante per essere trattata con così tanta leggerezza, bistrattata e ridotta il più delle volte a farsa. Ci ritroviamo ancora una volta di fronte ad un plagio, alla trasformazione di una persona in mito? Io non voglio analizzare se ciò sia corretto, ma non posso evitare di rimanere esterrefatto vedendo l’ennesimo caso in cui la morte trasforma un sospetto carnefice, in un martire. Allora mi domando : Michael Jackson è stato vero artista o personaggio mediatico, succube o protagonista della sua vita? Credo che qualsiasi sarà l’esito delle indagini in corso, poco contribuirà alla ricerca della verità e tanto meno a rispondere ai miei interrogativi. Come in passato tutte gli epiloghi improvvisi e tragici che hanno colpito personalità del mondo della politica o dello star system sono stati sempre pervasi da quell’alone di mistero che contribuiva a mitizzare un evento naturale trasformandolo in qualcosa di eccezionale. A quel punto l’interesse dell’opinione pubblica non è più nella ricerca della verità, ma del pettegolezzo e del “segreto” che si deve nascondere dietro al personaggio.
Siamo tutti affamati di storie incredibili per sopportare e rendere più lieve il quotidiano che ci opprime. La nostra incapacità di affrontare la vita, di capire che tra il bianco e il nero c’è il grigio, il colore che maggiormente riempie le nostre giornate, ma che contiene tante sfumature. Ogni giorno dobbiamo cercare un po’ di colore nel tanto grigio che ci circonda, solo esercitandoci colmeremo il vuoto che abbiamo dentro che spesso ci attanaglia e ci rende insoddisfatti. Un vuoto che pervade tutta la società, votata ad un falso ottimismo e alla scalata al potere economico ignorando qualsiasi principio etico. Come possiamo pensare di crescere e creare un futuro ai nostri figli e quale eredità lasceremo alle future generazioni?
Come padre mi interrogo spesso su questo tema e noto che le persone e le istituzioni preposte a farlo sono sempre meno realmente interessate, impegnate a difendere esclusivamente i loro interessi. Mi sembra di essere solo a combattere un lotta impari, una battaglia contro i mulini a vento che mi lascia spossato e spesso irritato per l’impotenza, ma sono consapevole di non essere l’unico a lanciare questo grido di allarme. Questo è il mio atto di solidarietà a tanti che, come me, nell’ombra cercano ogni giorno di cambiare questo mondo fatto di egoismo, combattere contro il silenzio e l’omertà dei potenti che ci vogliono manipolare ed imbavagliare e farci dimenticare che solo noi dobbiamo essere protagonisti della nostra vita e non semplici figuranti.
Pier Paolo Olivieri

 

LA SCALA a CHIOCCIOLA
a cura di Silvia Piazzi

“Nessuno è perfetto!” “Tutti sbagliamo”. Quante volte ci siamo sentiti dire questa frase.
Certo è da sempre dentro di me.. ma un conto è sentirsela dire, un conto è impararla a memoria..un altro è viverla sulla propria pelle. Chissà per quale strano meccanismo tutti ce lo diciamo, quando qualcosa va storto, ma quando dobbiamo riflettere su di essa la viviamo sempre come rivolta verso qualcun altro. Siamo tutti estremamente impegnati a coprire, a nascondere e nasconderci i nostri piccoli o grandi errori, con un dispendio enorme di energia.
“Nessuno è perfetto”! Certo.. fino a quando la persona a cui tieni maggiormente, a cui vuoi più bene non sbaglia..allora nell’orecchio fatica a risuonare questo ritornello. Allora ci arrabbiamo talvolta mettendo pure in crisi ciò che è stato sino a quel momento.
Il peggio però arriva quando siamo noi a commettere quel fatidico errore per cui ci seppelliremmo! Così però va ogni giorno, malgrado l’enorme fatica che mettiamo nel coprirci e nello scusarci. Fino al momento in cui davvero iniziamo a comprendere nel profondo il significato di quella frase banale che ci fu insegnata da piccoli.
Così inizia, con grande fatica, il cammino di accettazione dei propri errori, delle proprie fatiche, delle proprie incapacità.
Questo capita a tutti..sì..pure a me. Che fatica tutte le giornate guardare i propri errori provando di prenderli così come sono, cercando di accettarli, come parte di me, non come la parte da nascondere o da coprire, ma come un pezzetto bello della mia esistenza. La fatica più grossa, però, è arrivata quando mi sono trovata a lavorare sulle stesse cose, a ricadere negli stessi errori, ad inciampare sugli stessi gradini..ti senti come dentro ad un cerchio, dove per quanto corri, rimani sempre sullo stesso punto, come un cane che si morde la coda.
Così pensando, un giorno mi è venuta un’idea.. diciamo.. più felice: non sto girando attorno invano, ma sono su una scala a chiocciola, dove sì giro in tondo, dove vedo ogni volta le medesime cose, ma ad ogni giro sono salita in alto, per cui le vedo da una prospettiva differente; ad ogni giro, mi ritrovo i medesimi problemi, ma sono pure sempre più in alto e vicino alla meta! Così ogni errore non era più la cosa di cui vergognarmi, soprattutto con me stessa, ma uno scalino che mi portava un po’ più su. Poi, sì, alcuni scalini sono piccoli e facili da accettare e superare, altri invece.. Beh, a volte sembrano montagne, più che scalini. Allora con coraggio bisogna fare uno sforzo per guardare al corrimano, quasi invisibile, che affianco questi scalini, diciamo più alti. Questo è la forza, la voglia di superare quel punto e le persone che ci circondano. Sì, quella forza interiore che abbiamo dentro e che a volte necessita delle persone che ci vogliono bene, perché possiamo vederla ed apprezzarla..quella ci aiuta sempre a superare quella nostra difficoltà, quello che magari prima chiamavamo errore.
Ammetto che sotto questa nuova prospettiva..ho ripreso il cammino con maggiore coraggio.
Silvia Piazzi
 

 

 

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