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Chi ricorda non ha Memoria
Abu Yasin Merighi,
28/01/08
Ci sono angoli del pianeta per loro natura speciali, pulsano di vita propria e si ritrovano agli incroci della storia, come il cuore da cui il sangue parte e a cui ritorna, come l'anima di chi ricorda senza avere memoria. Uno di questi, senz'altro il primo per importanza, è detto da alcuni Vicino, ovvero da altri Medio, aggettivi cui segue comunque, con polverosa e sanguinolenta mestizia, la parola Oriente.
Una vicinanza però, che non è prossimità, ma esprime piuttosto una relazione geografica con un centro ideologico, con un'interpretazione decisamente arrogante della storia e degli eventi socio-culturali implicitamente connessi, il che comporta una definizione statica di una realtà che invece, per molti versi, appare abbastanza dinamica.
In questa regione, negli ultimi anni ( ed ora anche nelle ultime settimane ) sono avvenuti ( ed avvengono ) degli inquietanti omicidi mirati. E non mi riferisco a qualche vittima più o meno eccellente in quel bislacco paese che è il Libano, quanto alla sistematica eliminazione di scienziati, giornalisti ed intellettuali avvenuta in Iraq a partire dal 2003, soprattutto nel primo anno dell'occupazione israelo-americana e britannica del paese e, più recentemente, gli omicidi mirati di esponenti di Hamas e della Jihad Islamica nella cosiddetta Striscia di Gaza. Nel primo caso, l'azzeramento dell'élite scientifico-culturale di un paese importante come l'Iraq ( sulla falsa riga di quanto avvenuto in Algeria qualche anno prima ), nel secondo l'eliminazione di testimoni scomodi, di gente che ha visto e ricorda. Ma che cosa ha visto, qual è dunque la loro colpa, al di là di essere palestinesi, per di più di Hamas? Ha visto la fuga dei collaborazionisti di Fatah, ha visto le autobomba pronte da far esplodere nei mercati, contro civili ( connazionali!! ) inermi, ha visto la fuga di Dahlan in Egitto, ha visto tonnellate di documenti comprovanti la corruzione e l'asservimento a favore dell'occupante israeliano e a detrimento del suo popolo, ha visto quel che non doveva vedere e che ora potrebbe testimoniare. Molti di loro, però, non potranno più farlo, sono stati o saranno fatti tacere, anche se i documenti e le prove sono da tempo oltre confine, in Siria, in Iran, a Mosca… Naturalmente gli israeliani lo sanno, ma colpiscono lo stesso, con la cieca arroganza ( ultimamente mista ad un devastante senso di impotenza ) che li contraddistingue abitualmente.
Colpire chi sa, chi ricorda, chi sa fare qualcosa: cancellare il ricordo dalla memoria.
Perché il ricordo, la testimonianza ed il suo valore fanno paura a chi è ingiusto, l'aguzzino teme le ferite non rimarginate delle sue vittime, il boia trema se l'inesorabile cappio non ha chiuso tutte le bocche dei testimoni; al contrario, la Memoria è rassicurante, come la patina del tempo che ricopre gli oggetti ed il sottile oblio in cui trattiene le anime e la storia, o la penombra che ruvida imbavaglia la luce del dolore, o ancora gli oscuri mercanti che attendono chi li scacci, nuovamente, dal Tempio dell'iniquità. Tutto questo, per molti, è l'antidoto ad ataviche paure, come il veleno del serpente che protegge dai morsi di altri rettili.
Ed il centro della Memoria è ancora lì, in quella terra benedetta bagnata dal sangue di bambini innocenti, dalle lacrime e dal dolore di giovani madri straziate a poca distanza dal parto, illuminata dal black-out delle centrali elettriche ( quanto miope può essere l'arroganza dell'impotente ), segnata da improbabili confini e da barriere artificiali di cemento.
Ma la lezione è chiara oltre che dolorosa: la Memoria si circoscrive, si addomestica, si fabbrica nell'ombra ad uso e consumo di chi non ricorda, di chi non sa perché non c'era o di chi non ricorda perché c'era….; ma il ricordo, lo sguardo di chi ha visto, questa è l'ipoteca con la storia dell'aguzzino e dell'oppressore, questo è il bersaglio dei sicari, degli indicibili spazzini dell'iniquità. Ma quanto è inutile la loro abiezione, quanto arida la loro violenza: più uccidono e più generano il ricordo, uccidono testimoni creandone dei nuovi, danzano tra la morte ma rinforzano la vita di chi rimane.
E questo ricordo, che li vede nella veste di carnefici, non ha confini né copyright, appartiene a chi rimane e a chi li ha visti, appartiene al coraggio di chi li combatte senza chiedere nulla in cambio, appartiene al popolo palestinese e a quello iracheno, appartiene ai figli dell'Africa e a chi, per aver saputo troppo, vien fatto saltare in aria su un'autostrada, in una piazzetta, o ancora ucciso per le vie di una città somala…
Loro hanno testimoniato e testimonieranno, loro hanno pagato con onore il prezzo della loro onestà: loro sono i depositari del ricordo, il ricordo di chi non ha Memoria.
28 gennaio 2008
 
 
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