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Gaza: Dirittti Umani

Guarda il filmatoIsraele e Palestina: le verità taciute
 
Venerdì 11 Dicembre 2009, ore 21
presso Circoscrizione di Castiglione di Ravenna, Sala Riunioni "Tamerice" Via Vittorio Veneto, 21 Castiglione di Ravenna (RA)
Il giornalista Paolo Barnard interverrà sul tema del terrorismo internazionale occidentale, perpetrato da USA, Gran Bretagna ed
Israele. Dopo una breve introduzione del suo libro "Perché ci odiano", si soffermerà sui risvolti storico-politici che hanno portato alla
guerra tra Palestina e Israele. Quali sono le verità scomode che l'opinione pubblica non è tenuta a sapere? Cosa è accaduto 60, 80 anni fa? Israele è davvero quello Stato democratico che tutto il mondo sostiene che sia? Una riflessione sull'attuale condizione sociale dell'umanità, in un mondo basato sull'egemonia dell'uomo sull'uomo, dei pochi sui molti.
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Diario da Gaza, noi bersagli ambulanti
di Vittorio Arrigoni tratto da Il Manifesto del 7 genn '09
Sfilano timorosi con gli occhi rivolti in alto, arresi ad un cielo che piove su di loro terrore e morte, timorosi della terra che continua a tremare sotto ogni passo, che crea crateri dove prima c'erano le case, le scuole, le università, i mercati, gli ospedali, seppellendo per sempre le loro vite. Ho visto carovane di palestinesi disperati sfollare da Jabiliya, Beit Hanoun e da tutti i campi profughi di Gaza, ed andare ad affollare le scuole delle Nazioni Unite come terremotati, come vittime di uno tsunami che giorno per giorno sta inghiottendo la Striscia di Gaza e la sua popolazione civile, senza pietà, senza alcuna minima osservanza dei diritti umani e delle convenzioni di Ginevra. Soprattutto senza che nessun governo occidentale muova un solo dito per fermare questi massacri, per inviare qui personale medico, per arrestare il genocidio di cui si sta macchiando Israele in queste ore.

Continuano gli attacchi indiscriminati a ospedali e a personale medico. Ieri dopo aver lasciato l'ospedale di Al Auda a Jabiliya ho ricevuto una telefonata da Alberto, compagno spagnolo dell'Ism, una bomba è caduta sull'ospedale. Abu Mohammed, infermiere, è rimasto seriamente ferito al capo. Giusto poco prima, con lui, comunista, davanti a un caffè, ascoltavo le eroiche gesta dei leader del Fonte Popolare, i suoi miti: George Habbash, Abu Ali Mustafa, Ahmad Al Sadat. Gli si erano illuminati gli occhi al sapere che le prime nozioni di cosa fosse l'immensa tragedia della Palestina mi erano stati impartiti dai miei genitori, comunisti convinti. Mi aveva chiesto quali erano i leader di sinistra italiani davvero rivoluzionari, del passato, e gli avevo risposto Antonio Gramsci, e quelli di oggi, mi ero preso tempo, gli avrei risposto oggi. Abu Mohammed giace ora in coma nell'ospedale dove lavorava, si è risparmiato la mia deludente risposta.

Verso mezzanotte ho ricevuto un'altra chiamata, questa volta da Eva, l'edificio in cui si trovava era sotto attacco. Conosco bene anche quel palazzo, al centro di Gaza city, ci ho passato una notte con alcuni amici fotoreporters palestinesi, è la sede dei principali media che stanno cercando di raccontare con immagini e parole la catastrofe innaturale che ci ha colpito da dieci giorni. Reuters, Fox news, Russia today, e decine di altre agenzie locali e non, sotto il fuoco di sette razzi partiti da un elicottero israeliano. Sono riusciti a evacuare tutti in tempo prima di rimanere seriamente feriti, i cameramen, i fotografi, i reporter, tutti palestinesi dal momento in cui Israele non permette a giornalisti internazionali di mettere piede a Gaza. Non ci sono obbiettivi «strategici» attorno a quel palazzo, né resistenza che combatte l'avanzata dei mortiferi blindati israeliani, ben più a nord. Chiaramente qualcuno a Tel Aviv non riesce a digerire le immagini dei massacri di civili che si sovrappongono a quelle dei briefing, con rinfresco offerto ai giornalisti prezzolati.
Tramite queste conferenze stampa stanno dichiarando al mondo che gli obbiettivi delle bombe sono solo terroristi di Hamas, e non quei bambini orrendamente mutilati che tiriamo fuori ogni giorno dalle macerie. A Zetun, una decina di chilometri da Jabaliya, un edificio bombardato è crollato sopra una famiglia, una decina le vittime, le ambulanze hanno atteso diverse ore prima di poter correre sul posto, i militari continuano a spararci a contro. Sparano alle ambulanze, bombardano gli ospedali. Pochi giorni fa una «pacifista» israeliana mi avevo detto a chiare lettere che questa è una guerra dove le due parti contrapposte utilizzano tutte le loro armi a disposizione. Invito allora Israele a sganciarci addosso una delle sue tante bombe atomiche che tiene segretamente stivate contro tutti i trattati di non proliferazione nucleare. Ci tiri addosso la bomba risolutiva, terminino l'inumana agonia di migliaia di corpi maciullati nelle corsie sovraffollate degli ospedali che ho visitato. Ho scattato alcune fotografie in bianco e nero ieri, alle carovane di carretti trascinati dai muli, carichi all'inverosimile di bambini sventolanti un drappo bianco rivolto verso il cielo, i volti pallidi, terrorizzati.
Riguardando oggi quegli scatti di profughi in fuga, mi sono corsi i brividi lungo la schiena. Se potessero essere sovrapposte a quelle fotografie che testimoniano la Naqba del 1948, la catastrofe palestinese, coinciderebbero perfettamente. Nel vile immobilismo di stati e governi che si definiscono democratici, c'è una nuova catastrofe in corso da queste parti, una nuova Naqba, una nuova pulizia etnica che sta colpendo la popolazione palestinese.

Fino a qualche istante fa si contavano 650 morti, 153 bambini uccisi, più di 3000 i feriti, decine e decine i dispersi. Il computo delle morti civili in Israele, fortunatamente, rimane fermo a quota 4. Dopo questo pomeriggio il bilancio sul versante palestinese va drammaticamente aggiornato, l'esercito israeliano ha iniziato a bombardare le scuole delle Nazioni Unite. Le stesse che stavano raccogliendo i migliaia di sfollati evacuati dietro minaccia di un imminente attacco. Li hanno scacciati dai campi profughi, dai villaggi, solo per raccoglierli tutti in posto unico, un bersaglio più comodo. Sono tre le scuole bombardate oggi. L'ultima, quella di Al Fakhura, a Jabiliya, è stata centrata in pieno. Più di 40 morti. In pochi istanti se ne sono andati uomini, anziani, donne, bambini che si credevano al sicuro dietro le mura dipinte in blu con i loghi dell'Onu. Le altre 20 scuole delle Nazioni Unite tremano. Non c'è via di scampo nella Striscia di Gaza, non siamo in Libano, dove i civili dei villaggi del Sud sotto le bombe israeliane evacuarono al nord, o in Siria e in Giordania. La Striscia di Gaza da enorme prigione a cielo aperto, si è tramutata in una trappola mortale. Ci si guarda sconvolti e ci si chiede se il consiglio di sicurezza dell'Onu riuscirà questa volta a pronunciare un'unanime condanna, dopo che anche le sue scuole sono prese di mira. Qualcuno fuori di qui ha deciso davvero di fare un deserto, e poi chiamarlo pace. Ci aspetta una lunga nottata sulle ambulanze, anche se l'alba da queste parti è ormai una chimera. I ripetitori dei cellulari lungo tutta la Striscia sono stati distrutti, abbiamo rinunciato a contarci.
Spero di riuscire a rivedere un giorno tutti gli amici che non posso più contattare, ma non mi illudo.

Qui a Gaza siamo tutti bersagli ambulanti, nessuno escluso. Mi ha appena contattato il consolato Italiano, dicono che domani evacueranno l'ultima nostra concittadina. Una anziana suorina che da ventanni anni abitava nei pressi della chiesa cattolica di Gaza,ormai adottata dai palestinesi della Striscia. Il console mi ha gentilmente pregato di cogliere quest'ultima opportunità, aggregarmi alla suora e scampare da questo inferno. L'ho ringraziato per la sua offerta, ma da qui non mi muovo, non ce la faccio. Per i lutti che abbiamo vissuto, prima ancora che italiani, spagnoli, inglesi, australiani, in questo momento siamo tutti palestinesi. Se solo per un minuto al giorno lo fossimo tutti, come molti siamo stati ebrei durante l'olocausto, credo che tutto questo massacro ci verrebbe risparmiato.

Restiamo umani.

Vittorio Arrigoni
LA GUERRA IN PALESTINA RIGUARDA OGNUNO DI NOI

In queste ore vengono diramati gli ennesimi bollettini di guerra dalla Palestina, in particolare dalla Striscia di Gaza.

Indipendentemente da chi, fra le parti contendenti, abbia una presunta ragione da far valere, e qualora fosse mai ravvisabile una "ragione" attraverso una guerra, mi pare sia di rilevante interesse il testo dell'appello alla pace pronunciato da Sandro Pertini durante la sua presidenza, nel suo discorso di fine anno del 1981, e che risulta essere (purtroppo) ancora attuale:

"SIAMO PREOCCUPATI DI QUANTO STA AVVENENDO NEL MEDIO ORIENTE. UN FOCOLAIO DI GUERRA E' ACCESO. L'IRAK E L' IRAN SI COMBATTONO IN UNA GUERRA STOLTA E FOLLE. ISRAELE HA OCCUPATO ED OCCUPA TERRITORI ALTRUI. ORA IO QUESTO VORREI DIRE AL POPOLO DI ISRAELE. SIAMO SEMPRE STATI AL SUO FIANCO, AL FIANCO DEGLI EBREI QUANDO ERANO PERSEGUITATI; MA GLI EBREI NON SONO STATI PERSEGUITATI, PRIMA DI AVERE UNO STATO, NELL' ORIENTE, DAGLI ARABI. SONO STATI PERSEGUITATI IN EUROPA, DAGLI EUROPEI. E FINALMENTE, POI, DOPO LA PRIMA GUERRA MONDIALE, EBBERO UN TERRITORIO ED UNA PATRIA. E QUINDI ANCHE UN TERRITORIO ED UNA PATRIA, A MIO AVVISO, DEVONO AVERE I PALESTINESI, ALTRIMENTI NON VI SARA' MAI PACE NEL MEDIO ORIENTE. E ABBIAMO RAGIONE DI PREOCCUPARCENE, PERCHE' DA UN PICCOLO INCENDIO PUO' DERIVARE UN PIU' VASTO INCENDIO, E DAI CONFLITTI CHE SI SVOLGONO NEL MEDIO ORIENTE POTREBBE DOMANI ACCENDERSI QUELLA CHE E' LA TERZA GUERRA MONDIALE. SAREBBE LA FINE DELL' UMANITA'.

SIAMO PREOCCUPATI, NOI ABBIAMO ASSISTITO AI FUNERALI DEL PRESIDENTE SADAT. ASSASSINATO IL PRESIDENTE SADAT. STAVA OPERANDO PER LA PACE NEL SUO PAESE E FRA ISRAELE E IL MONDO ARABO. EBBENE NOI ABBIAMO ASSISTITO A QUEI FUNERALI; VI ABBIAMO ASSISTITO CON UN ANIMO COLMO DI ANGOSCIA. SONO SITUAZIONI CHE RIGUARDANO TUTTI NOI, NON POSSONO RIGUARDARE SOLTANTO, ESSERE CIRCOSCRITTE AL POPOLO E ALLE NAZIONI IN CUI SI SVOLGONO, RIGUARDANO OGNUNO DI NOI, OGNI UOMO CHE AMA LA LIBERTA' E OGNI UOMO CHE HA A CUORE LA PACE. NOI SIAMO PREOCCUPATI, RIPETO, PER LA PACE.

IO QUI HO PARLATO, HO RICEVUTO SCIENZIATI CHE SONO VENUTI A DIRMI QUALI SONO I PERICOLI CHE SOVRASTANO L' UMANITA' . SE PER DANNATA IPOTESI, ITALIANE E ITALIANI CHE MI ASCOLTATE, LA TERZA GUERRA MONDIALE DOVESSE ESPLODERE, SAREBBE LA FINE DEL NOSTRO PIANETA. ED ALLORA E' UNA FOLLIA CONTINUARE A COSTRUIRE ORDIGNI DI MORTE CHE, SE USATI, RAPPRESENTEREBBERO LA FINE DEL GENERE UMANO. ED INVECE DI SPENDERE QUESTI MILIARDI IN QUESTI ORDIGNI INFERNALI DI MORTE, PERCHE' QUESTI DENARI NON SI SPENDONO PER COMBATTERE LA FAME NEL MONDO?

MENTRE IO VI STO PARLANDO, MIEI CARI AMICI, MIGLIAIA E MIGLIAIA DI BAMBINI MUOIONO PER DENUTRIZIONE NEL MONDO: 18 MILIONI DI BAMBINI SONO MORTI PER DENUTRIZIONE NEL 1980. EBBENE QUESTA STRAGE, RIPETO, PERCHE' L' HO GIA' DETTO ALTRE VOLTE, E LO DICO A ME STESSO, QUESTA STRAGE DI INNOCENTI PESA COME UNA SEVERA CONDANNA SULLA COSCIENZA DI TUTTI GLI UOMINI DI STATO, E QUINDI ANCHE SULLA MIA COSCIENZA .

ECCO PERCHE' NOI CI BATTIAMO CONTRO LA GUERRA, PERCHE' LA GUERRA NON ESPLODA, CI BATTIAMO PER LA PACE, VOGLIAMO UN' INTESA FRA TUTTI I POPOLI. I POPOLI POSSONO TROVARE, SE VOGLIONO, QUESTA INTESA. I LORO DIRIGENTI, SE VOGLIONO, SI METTANO INTORNO AD UN TAVOLO DISCUTANO E POSSONO TROVARE LA BASE DI UN' INTESA PERCHE' LA PACE DURI NEL MONDO E MAI LA GUERRA DEBBA ESPLODERE."
Sandro Pertini, 31.12.1981

Fonte: sito del Quirinale
http://www.quirinale....

Il video del discorso completo di Sandro Pertini è visionabile qui:
http://www.quirinale....

Saluti.
Giacomo Todaro
 
"Diario di un pacifista sotto le bombe" di Vittorio Arrigoni

Nell'aria acre odore di zolfo, nel cielo lampi intermezzano fragorosi boati.
Ormai le mie orecchie sono sorde dalle esplosioni e i miei occhi aridi di lacrime dinanzi ai cadaveri. Mi trovo dinnanzi all'ospedale di Al Shifa, il principale di Gaza, ed è appena giunta la terribile minaccia che Israele avrebbe deciso di bombardare la nuova ala in costruzione.
Non sarebbe una novità, ieri è stato bombardato l'ospedale Wea'm. Insieme ad un deposito di medicinali a Rafah, l'università islamica (distrutta), e diverse moschee sparse per tutta la striscia. Oltre a decine di installazioni CIVILI. Pare che non trovando più obbiettivi "sensibili", l'aviazione e la marina militare si diletti nel bersagliare luoghi sacri, scuole e ospedali.
E' un 11 settembre ad ogni ora, ogni minuto, da queste parti, e il domani è sempre un nuovo giorno di lutto, sempre uguale.
Si avvertono gli elicotteri e gli aerei costantemente in volo, quando vedi il lampo, sei già spacciato, è troppo tardi per mettersi in salvo. Non ci sono bunker antibombe in tutta la Striscia, nessun posto è al sicuro. Non riesco a contattare più amici a Rafah, neanche quelli che abitano a Nord di Gaza city, spero perchè le linee sono intasate. Ci spero. Sono 60 ore che non chiudo occhio, come me, tutti i gazawi.
Ieri io e altri 3 compagni dell'ISM abbiamo trascorso tutta la nottata all'ospedale di al Awda del campo profughi di Jabalia. Ci siamo andati perchè temevamo la tanto paventata incursione di terra che poi non si è verificata.
Ma i carri armati israeliani stazionano pronti lungo il confine tutto il confine della Striscia, i loro cingoli affamati di corpi pare si metteranno in funerea marcia questa notte. Verso le 23:30 una bomba è precipitata a circa 800 metri dall'ospedale, l'onda d'urto ha mandato in frammenti diversi vetri delle finestre, ferendo i feriti. Un' ambulanza si è recata sul posto, hanno tirato giù una moschea, fortunatamente vuota a quell'ora. Sfortunatamente, anche se non di sfortuna ma di volontà criminale e terroristica di compiere stragi di civili, la bomba israeliana ha distrutto anche l'edificio adiacente alla moschea. Abbiamo visto tirare fuori dalle macerie i corpicini di sei sorelline. 5 sono morte, una è gravissima. Hanno adagiato le bambine sull'asfalto cabonizzato, e sembravano bamboline rotte, buttate via perchè inservibili. Non è un errore, è volontario cinico orrore. Siamo a quota 320 morti, più di un migliaio i feriti, secondo un dottore di Shifa il 60% è destinato a morire nelle prossime ore, nei prossimi giorni dopo una lunga agonia. Decine sono i dispersi, negli ospedali donne disperate cercano i mariti, i figli, da due giorni, spesso invano. E' uno spettacolo macabro all'obitorio. Un infermiere mi ha detto che una donna palestinese dopo ore di ricerca fra i pezzi di cadaveri all'obitorio, ha riconosciuto suo marito da una mano amputata. Tutto quello che di suo marito è rimasto, e' la fede ancora al dito dell'amore eterno che si erano ripromessi. Di una casa abitata da due famiglie, è rimasto ben poco dei corpi umani. Ai parenti hanno mostrato un mezzo busto e tre gambe. Proprio in questo momento una delle nostre barche del Free Gaza Movement sta lasciando il porto di Larnaca in Cipro. Ho parlato coi miei amici a bordo.
Eroici, hanno ammassato medicinali un pò in ogni dove sull'imbarcazione. Dovrebbe approdare al porto di Gaza domani verso le 0800 am. Sempre che il porto esista ancora dopo quest'altra notte di costanti bombardamenti. Staro in contatto con loro tutta questa notte.
Qualcuno fermi questo incubo. Rimanere in silenzio significa supportare il genocidio in corso. Urlate la vostra indignazione, in ogni capitale del mondo "civile", in ogni città, in ogni piazza, sovrastate le nostre urla di dolore e terrore. C'è una parte di umanità che sta morendo in pietoso ascolto.
Vik in Gaza Vittorio Arrigoni

Buon natale e felice anno nuovo a Gaza da Israele
27/12/2008
Un messaggio cordiale di fine anno a tg1 tg2 rete 4 canale 5 italia uno, Claudio Pagliara su tutti, ma anche il tg3: ANDATE A FARE IN CULO. Siamo sotto le bombe a Gaza, e molte sono cadute a poche centinaia di metri da casa mia. E amici miei, ci sono rimasti sotto. Siamo a 160 morti sinora, una strage senza precedenti. Terroristi? Hanno spianato il porto , dinnanzi a casa mia e raso al suolo le centrali di polizia. Mi riferiscono che i media italiani tutti in toto danno per buono il comunicato militare israeliano di base terroristiche bombardate. Cazzate. Li ho conosciuto, questi ragazzi, li ho salutati tutti i giorni recandomi al porto per pescare coi pescatori palestinesi, o la sera per recarmi nei caffè del centro. Diversi li conoscevo per nome. Un nome, una storia, una famiglia. Sono giovani, diciotto ventanni, per lo più che se ne fottono di Fatah e Hamas, che si sono arruolati nella polizia per poter aver assicurato un lavoro in una Gaza che sotto assedio ha l'80 perce tno di popolazione disoccupata. Aprite le orecchie, colletti bianchi della disinformazione occidentale. Queste divise ammazzate oggi (senza contare le decine di civile che si trovavano a passare per caso, molti bambini stavano tornando a casa da scuola) sono i nostri poliziotti di quartiere. Se ne stavano tutti i giorni dell'anno a presidiare la stessa piazza, la stessa strada, li ho presi in giro solo ieri notte per come erano imbaccuccati per riparsi dal freddo, dinnanzi a casa mia. Non hanno mai sparato un colpo verso Israele, ne mai lo avrebbero fatto, non è nella loro mansione. Si occupano della sicurezza interna, e qui al porto siamo ben distanti dai confini israeliani. Ho una videocamera con me ma sono un pessimo cameraman, perchè non riesco a riprendere i corpi maciullati e i volti in lacrime. Non ce la faccio. Non riesco perchè sto piangendo anche io. Ambulanze e sirene in ogni dove, in cielo continuano a sfrecciare i caccia israeliani con il loro carico di terrore e morte. Devo  correre, all'ospedale AL Shifa necessitano di sangue. non sono umani, credo che non lo siano mai stai. V.


Intervento dell'ex ministro dell'informazione
del governo di unità nazionale palestinese
di Mustafa Barghouti
Ramallah, 27 dicembre 2008.

E leggerò domani, sui vostri giornali, che a Gaza è finita la tregua. Non era un assedio dunque, ma una forma di pace, quel campo di concentramento falciato dalla fame e dalla sete. E da cosa dipende la differenza tra la pace e la guerra? Dalla ragioneria dei morti? E i bambini consumati dalla malnutrizione, a quale conto si addebitano? Muore di guerra o di pace, chi muore perché manca l'elettricità in sala operatoria? Si chiama pace quando mancano i missili - ma come si chiama, quando manca tutto il resto?
E leggerò sui vostri giornali, domani, che tutto questo è solo un attacco preventivo, solo legittimo, inviolabile diritto di autodifesa. La quarta potenza militare al mondo, i suoi muscoli nucleari contro razzi di latta, e cartapesta e disperazione. E mi sarà precisato naturalmente, che no, questo non è un attacco contro i civili - e d'altra parte, ma come potrebbe mai esserlo, se tre uomini che chiacchierano di Palestina, qui all'angolo della strada, sono per le leggi israeliane un nucleo di resistenza, e dunque un gruppo illegale, una forza combattente? - se nei documenti ufficiali siamo marchiati come entità nemica, e senza più il minimo argine etico, il cancro di Israele? Se l'obiettivo è sradicare Hamas - tutto questo rafforza Hamas. Arrivate a bordo dei caccia a esportare la retorica della democrazia, a bordo dei caccia tornate poi a strangolare l'esercizio della democrazia - ma quale altra opzione rimane? Non lasciate che vi esploda addosso improvvisa. Non è il fondamentalismo, a essere bombardato in questo momento, ma tutto quello che qui si oppone al fondamentalismo. Tutto quello che a questa ferocia indistinta non restituisce gratuito un odio uguale e contrario, ma una parola scalza di dialogo, la lucidità di ragionare il coraggio di disertare - non è un attacco contro il terrorismo, questo, ma contro l'altra Palestina, terza e diversa, mentre schiva missili stretta tra la complicità di Fatah e la miopia di Hamas. Stava per assassinarmi per autodifesa, ho dovuto assassinarlo per autodifesa - la racconteranno così, un giorno i sopravvissuti.
E leggerò sui vostri giornali, domani, che è impossibile qualsiasi processo di pace, gli israeliani, purtroppo, non hanno qualcuno con cui parlare. E effettivamente - e ma come potrebbero mai averlo, trincerati dietro otto metri di cemento di Muro? E soprattutto - perché mai dovrebbero averlo, se la Road Map è solo l'ennesima arma di distrazione di massa per l'opinione pubblica internazionale? Quattro pagine in cui a noi per esempio, si chiede di fermare gli attacchi terroristici, e in cambio, si dice, Israele non intraprenderà alcuna azione che possa minare la fiducia tra le parti, come - testuale - gli attacchi contro i civili. Assassinare civili non mina la fiducia, mina il diritto, è un crimine di guerra non una questione di cortesia. E se Annapolis è un processo di pace, mentre l'unica mappa che procede sono qui intanto le terre confiscate, gli ulivi spianati le case demolite, gli insediamenti allargati - perché allora non è processo di pace la proposta saudita? La fine dell'occupazione, in cambio del riconoscimento da parte di tutti gli stati arabi. Possiamo avere se non altro un segno di reazione? Qualcuno, lì, per caso ascolta, dall'altro lato del Muro?
Ma sto qui a raccontarvi vento. Perché leggerò solo un rigo domani, sui vostri giornali e solo domani, poi leggerò solo, ancora, l'indifferenza. Ed è solo questo che sento, mentre gli F16 sorvolano la mia solitudine, verso centinaia di danni collaterali che io conosco nome a nome, vita a vita - solo una vertigine di infinito abbandono e smarrimento. Europei, americani e anche gli arabi - perché dove è finita la sovranità egiziana, al varco di Rafah, la morale egiziana, al sigillo di Rafah? - siamo semplicemente soli. Sfilate qui, delegazione dopo delegazione - e parlando, avrebbe detto Garcia Lorca, le parole restano nell'aria, come sugheri sull'acqua. Offrite aiuti umanitari, ma non siamo mendicanti, vogliamo dignità libertà, frontiere aperte, non chiediamo favori, rivendichiamo diritti. E invece arrivate, indignati e partecipi, domandate cosa potete fare per noi. Una scuola? Una clinica forse? Delle borse di studio? E tentiamo ogni volta di convincervi - no, non la generosa solidarietà, insegnava Bobbio, solo la severa giustizia - sanzioni, sanzioni contro Israele. Ma rispondete - e neutrali ogni volta, e dunque partecipi dello squilibrio, partigiani dei vincitori - no, sarebbe antisemita. Ma chi è più antisemita, chi ha viziato Israele passo a passo per sessant'anni, fino a sfigurarlo nel paese più pericoloso al mondo per gli ebrei, o chi lo avverte che un Muro marca un ghetto da entrambi i lati? Rileggere Hannah Arendt è forse antisemita, oggi che siamo noi palestinesi la sua schiuma della terra, è antisemita tornare a illuminare le sue pagine sul potere e la violenza, sull'ultima razza soggetta al colonialismo britannico, che sarebbero stati infine gli inglesi stessi? No, non è antisemitismo, ma l'esatto opposto, sostenere i tanti israeliani che tentano di scampare a una nakbah chiamata sionismo. Perché non è un attacco contro il terrorismo, questo, ma contro l'altro Israele, terzo e diverso, mentre schiva il pensiero unico stretto tra la complicità della sinistra e la miopia della destra.
So quello che leggerò, domani, sui vostri giornali. Ma nessuna autodifesa, nessuna esigenza di sicurezza. Tutto questo si chiama solo apartheid - e genocidio. Perché non importa che le politiche israeliane, tecnicamente, calzino oppure no al millimetro le definizioni delicatamente cesellate dal diritto internazionale, il suo aristocratico formalismo, la sua pretesa oggettività non sono che l'ennesimo collateralismo, qui, che asseconda e moltiplica la forza dei vincitori. La benzina di questi aerei è la vostra neutralità, è il vostro silenzio, il suono di queste esplosioni. Qualcuno si sentì berlinese, davanti a un altro Muro. Quanti altri morti, per sentirvi cittadini di Gaza?
(testo raccolto da Francesca Borri)

Il peggio non è ancora arrivato
29/12/2008

Lo dichiara il vice capo di stato maggiore israeliano, mentre si allarga la protesta
“Siamo appena all'inizio, il peggio non è ancora arrivato”, è la conferma delle fosche previsioni delle ultime ore, fornita oggi dal vice capo di stato maggiore israeliano, Dan Harel, parlando oggi da Kiriat Gat, nel sud di Israele sotto il tiro dei razzi palestinesi. La zona, dove nella sola giornata di oggi sono caduti almeno cinquanta razzi palestinesi, è stata dichiarata zona militare chiusa. Harel ha definito “senza precedenti” l'operazione iniziata sabato, precisando che “Israele si è fissato un obiettivo ambizioso ed è determinato a raggiungerlo”.
Sul fronte militare si attende ancora con drammatica tensione l'invasione terrestre della Striscia. Decine di carri armati sono schierati lungo il confine a scopo per ora intimidatorio, ma, già nella tarda mattinata di lunedì 29, giunge notizia che alcune unità di commando israeliane stanno già operando dentro la striscia di Gaza. Operazioni mordi e fuggi allo scopo di colpire i miliziani intenti a sparare razzi, marcare obiettivi chiave per successivi attacchi aerei e spianare la strada a una prossima vasta incursione di mezzi blindati. Lo rivela il sito legato all'intelligence israeliana Debkafile. Nelle ultime ore, inoltre, l'aviazione israeliana ha bombardato il sud della Striscia, il territorio vicino al confine con l'Egitto, per distruggere i tunnel usati dai palestinesi per il contrabbando. Sempre secondo Debkafile, in questi raid sono state usate le bombe teleguidate anti-bunker Gbu-39, recentemente acquistate dagli Stati Uniti. Sempre attorno al valico di Rafah, infuriano le polemiche dopo che, ieri, gli egiziani avevano accusato Hamas di non consentire il passaggio dei feriti. Oggi il partito islamico replica sostenendo che sono stati gli egiziani a impedire la riapertura del passaggio di confine. Lo ha dichiarato il portavoce di Hamas, Sami Abu Zuhri, secondo cui “i governi arabi non stanno facendo nulla per la popolazione di Gaza, assistiamo solo a condanne generiche, ma non hanno nemmeno aperto il valico di Rafah”.
Oggi Amnesty International ha chiesto alle forze israeliane e ai gruppi armati palestinesi “di porre immediatamente fine agli attacchi illegali contro Gaza e il sud d'Israele”. Secondo Amnesty, “L'uso sproporzionato della forza da parte di Israele è illegale e rischia di provocare ulteriore violenza in tutta la regione. L'escalation di violenza è arrivata in un momento in cui la popolazione di Gaza era già impegnata in una lotta quotidiana per la sopravvivenza, a causa del blocco israeliano che impedisce l'ingresso anche di viveri e medicinali”. Secondo la contabilità dell'organizzazione umanitaria, l'ultimo attacco ha portato a 650 il numero dei palestinesi uccisi quest'anno dalle forze israeliane: almeno un terzo delle vittime, tra cui 70 bambini, erano civili. Nello stesso periodo, i gruppi armati palestinesi hanno ucciso 25 israeliani, 16 dei quali civili, tra cui 4 bambini.

Con il passare delle ore si allarga anche il fronte delle proteste. Almeno 20mila persone, per lo più aderenti a partiti di opposizione al presidente Moubarak, sono scese in piazza al Cairo in solidaritetà con la popolazione di Gaza. Migliaia di persone stanno sfilando anche per le strade di Amman, in Giordania, Aleppo, in Siria, a Mosqat, in Oman a Casablanca, Beirut, Teheran, Khartoum e anche in Turchia, dove le autorità hanno cancellato le celebrazioni ufficiali per il Capodanno a Istanbul, in segno di rispetto per le vittime palestinesi dei raid israeliani nella Striscia di Gaza, definiti “un'operazione contro la pace”. Lunedì mattina anche gli israeliani hanno organizzato una protesta di fronte all'università di Tel Aviv, dopo che sabato in Galilea avevano manifestato i cittadini arabi israeliani. I circa trecento pacifisti davanti all'università erano un gruppo sparuto rispetto alle altre proteste nel mondo, ma non così minimo per lo standard israeliano. La manifestazione è però stata guastata da attivisti di destra, che hanno provocato dei disordini davanti all'ateneo.
Naoki Tomasini
 

Barricati in casa
29/12/2008

Intervista a Husam Hamdouna, direttore del Remedial Education Center di Jabaliya, Gaza
"La situazione è terribile in queste ore, abbiamo da poco saputo che le vittime finora sono oltre trecentotrenta. I bombardamenti si susseguono con brevi soste tra l'uno e l'altro da sabato, quando c'è stato l'attacco a sorpresa in contemporanea. Le esplosioni sono continuate anche nella notte e stamattina. Non le ho viste con i miei occhi, ma mi informano che molte delle vittime sono civili, soprattutto nella zona di Jabaliya, a nord di Gaza città. Ma i bombardamenti sono distribuiti lungo tutto il territorio della Striscia".
Dove si trova ora?
"Sono dentro casa mia, in queste ore è molto difficile uscire per qualsiasi motivo, soprattutto per procurarsi generi alimentari. La popolazione è barricata nelle case e non esce per il timore di essere coinvolta nei bombardamenti: l'aviazione israeliana potrebbe colpire la loro auto, scambiandola per quelle dei miliziani di Hamas. Accanto a me ci sono mia moglie e la mia figlia più piccola, di tre anni, che è molto spaventata. Dopo ogni esplosione mi abbraccia stretto. Attualmente non c'è corrente elettrica e nemmeno gas".
Ritiene possibile un'invasione di terra?
"Per ora sappiamo che i tank israeliani sono ammassati al confine. Ci sono state notizie questa mattina che annunciavano l'inizio dell'operazione di terra, ma non ci sono conferme e non credo sia vero. L'invasione della fanteria è uno scenario esplosivo, che però non posso escludere. Dipenderà dalle valutazioni israeliane sul successo degli attacchi aerei, e anche dal perdurare del lancio di razzi verso il loro territorio".
Hamas oggi è più debole o più forte?
"In generale, quando più i palestinesi subiscono violenze dall'esterno più si uniscono. Normalmente di fronte a un massacro di questa entità il governo di Hamas nella Striscia e quello di Fatah in Cisgiordania, esprimerebbero una comune condanna e solidarietà. Oggi però le dichiarazioni di Ramallah contengono una solidarietà che è solo formale, ma è soprattutto una forte critica ad Hamas, che evidenzia come anche le fratture tra palestinesi sono più scomposte che mai. Per quel che riguarda l'opinione della popolazione di Gaza, penso di poter dire che è ancora divisa, da un lato i sostenitori di Hamas indignati per le dichiarazioni di Abu Mazen, dall'altra quelli di Fatah che incolpano Hamas di questa tragedia. Tuttavia è importante capire che con il clima che si respira ora a Gaza nessuno ha il coraggio di esprimere pubblicamente il proprio sostegno o appartenenza".
É stupito dalla tenue reazione internazionale all'attacco israeliano?
"Non sono stupito della reazione israeliana al lancio di razzi, specialmente ora che due abitanti della regione meridionale di Israele sono stati uccisi, ma non posso concepire come si possa attaccare con tanta violenza la popolazione civile palestinese. La comunità internazionale dovrebbe intervenire per fermare l'attacco, ma è sempre più evidente che non c'è equilibrio, il lancio di razzi e i bombardamenti in aree densamente abitate vengono messi sullo stesso piano".

Teme che ora ricominceranno gli attentati suicidi palestinesi?
"É possibile, a questo punto ci possiamo aspettare qualunque reazione. Questa notte i caccia israeliani hanno colpito una moschea, ma le esplosioni hanno coinvolto anche un'abitazione dove hanno perso la vita sette persone, tra cui quattro bambini. Sono proprio le vittime innocenti che incendiano gli animi delle persone che, in tutto il mondo, sono vicine ai palestinesi. Ma auspico che la loro rabbia si esprima con proteste, non con attentati che peggiorerebbero ancora di più la situazione".
Naoki Tomasini

In macerie
29/12/2008

Più di 285 persone uccise e oltre 400 feriti nella Striscia di Gaza nel secondo giorno di Piombo Fuso
Più di 285 persone uccise e oltre 400 feriti. 240 obiettivi colpiti dall'aviazione israeliana nella Striscia di Gaza. Questi i numeri del secondo giorno dell'operazione denominata Piombo Fuso, mentre ancora giungono notizie di attacchi aerei nel buio.
La giornata di oggi è stata particolarmente turbolenta anche al confine meridionale della Striscia, presso il valico di Rafah chiuso da mesi, e riaperto oggi dalle autorità egiziane che attendevano i feriti palestinesi con ambulanze, ma anche tremila uomini schierati per impedire una fuga di massa. Per tutta la giornata esponenti del governo egiziano hanno però accusato Hamas di impedire il passaggio dei bisognosi di cure. Proprio al valico, nel tardo pomeriggio, un agente egiziano è morto nel corso di scontri scoppiati tra palestinesi e le guardie del Cairo. Secondo fonti locali alcune centinaia di palestinesi sarebber riusciti a passare nel territorio egiziano.
Il governo israeliano in queste ore parla soprattutto per bocca di Tzipi Livni e del ministro della Difesa Ehud Barak. La prima da Sderot, il villaggio israeliano al confine della Striscia, bersaglio dei razzi palestinesi, dichiara che "cerchiamo di evitare ogni vittima civile, non perché il mondo che ce lo chiede ma perché è un valore in cui crediamo". Mentre Barak insiste che "le operazioni militari nella Striscia potrebbero essere ampliate e approfondite secondo necessità" e mobilita seimila uomini della riserva. Forse il peggio deve ancora venire: la televisione israeliana mostra le immagini dei carri armati già a ridosso del confine, a rimarcare la minaccia di invasione terrestre, anche se la stessa Livni ha chiaramente escluso una possibile ri-occupazione del territorio, dove vivono ammassate un milione e mezzo di persone, che in queste ore vivono autentici momenti di panico collettivo. Preoccupazione anche nel sud di Israele, dove sono state allertate anche le popolazioni di Ashkelon, Ashdod e Beersheva, distanti decine di chilometri dalla Striscia. Proprio ad Ashdod oggi sono caduti tre missili di tipo Grad, molto più potenti dei razzi Qassam che anche oggi sono volati a decine verso il territorio israeliano. I tre Grad non hanno provocato danni ma la loro gittata fino a quarata chilometri è subito stata rivendicata dal braccio armato di Hamas.
"Crimini di guerra" ha accusato oggi il premio Nobel sudafricano Desmond Tutu, mentre i grandi del mondo chiedevano a Hamas di ripristinare il cessate il fuoco e a Israele di limitare le vittime civili. Nel mondo arabo, in Egitto, Libano, Giordania, Siria e nello Yemen, ma anche in diverse capitali europee, si susseguono manifestazioni in solidarietà con la popolazione di Gaza e proteste di fronte alle ambasciate israeliane. Un giovane palestinese è stato ucciso durante una protesta anche in Cisgiordania, nel villaggio di Nìlin. Il presidente Iraniano Ahmadinejad e il leader di Hezbollah Nasrallah tentano di esasperare la rabbia degli islamici, e incitano a compiere attentati. Il leader libico, Muammar Gheddafi, accusa i leader arabi di tenere "posizioni codarde, deboli e disfattiste", inutili per fermare la violenza di Israele. E in effetti il vertice della Lega Araba, convocato ieri d'urgenza e poi d'urgenza rimandato, oggi è slittato a mercoledì... o forse a venerdì. Da Ramallah invece, il presidente palestinese Abu Mazen - ricalcando le dichiarazioni di Condoleezza Rice - dichiara che "Se le fazioni palestinesi avessero continuato il dialogo, si sarebbe potuto evitare il massacro di Gaza". E lo dice dal Cairo, assieme al ministro degli esteri egiziano, Ahmed Abul Gheit, proprio mentre il governo egiziano viene accusato di avere dato il nulla osta all'attacco a sorpresa israeliano, nel corso della visita che la ministro degli Esteri di Tel Aviv, Tzipi Livni, fece a Moubarak, 48 ore prima dell'attacco a sorpresa. Proprio l'Egitto ricopre da mesi il ruolo di mediatore tra Israele e Hamas, ma anche tra Hamas e Fatah, e queste accuse rischiano di far crollare anche le ultime macerie del processo di riconciliazione interpalestinese, e del cosidetto processo di pace di Annapolis.
Secondo il quotidiano israeliano Israel ha-Yom, il nome dell'operazione sarebbe tratto da una filastrocca ebraica usata durante la festività di Hanukà, la festa delle luci, che si che si conclude oggi. La coincidenza con la festività religiosa viene addotta tra i motivi della riuscita dell'attacco, che ha colto la leadership di Hamas completamente impreparata, anche perché l'attacco è avvenuto, cosa alquanto insolita, di sabato, il giorno di riposo per gli ebrei. La stampa israeliana di oggi parla di disinformazione, segreti e menzogne per depistare il movimento islamico, dapprima con le mancate reazioni ai razzi sparati dalla Striscia dopo la fine della tregua, poi con l'autorizzazione all'ingresso nella Striscia di convogli umanitari, fino all'ordine del giorno segreto per la riunione del gabinetto di sicurezza che, lo scorso 25 dicembre, ha approvato all'unanimità l'attacco. Le sedi della sicurezza della Striscia, così come scuole e negozi, erano aperte e affollate sabato, ed è per questo che il numero delle vittime è risultato così alto. Tra loro anche decine di detenuti di Fatah, morti nel crollo delle centrali di polizia, che erano stati arrestati da Hamas nei mesi scorsi e che, accusa Abu Mazen, sono stati deliberatamente abbandonati.
Naoki Tomasini
TORTO MARCIO
di Paolo Barnard
Ho dedicato anni del mio lavoro alla questione israelo-palestinese. Ho viaggiato in quelle terre, ho studiato molto, e sono arrivato a una conclusione, o meglio, a un giudizio storico. Premetto che un giudizio storico non dialoga con i singoli accadimenti, coi numeri e con le statistiche, ma solo con la più basilare onestà morale nell'osservazione di un segmento di Storia. Ebbene, la mia conclusione è che in Palestina la componente ebraico-sionista abbia torto marcio. Un torto orrendo, persino paradossale. Infatti Israele nacque sull'uso del terrore su larga scala, dei massacri di palestinesi, della loro spoliazione, umiliazione e vessazione oltre ogni umana decenza, sul sotterfugio e sulla menzogna. E non sto parlando degli avvenimenti contemporanei, ma di fatti accaduti 60, 80 anni fa. Il destino della parte araba era segnato, e fu segnato quarant'anni prima dell'Olocausto nazista: già ai primi del novecento infatti i palestinesi erano considerati dai padri del sionismo, e futuri fondatori di Israele, una stirpe inferiore semplicemente da accantonare ed espellere, senza diritti, senza una Storia, un non-popolo. Il piano di pulizia etnica dei palestinesi prese vita alla fine del XIX secolo e non ha mai trovato soluzione di continuità fino ad oggi, e oggi come allora viene condotto dalla parte ebraica con una crudeltà senza limiti. L'immane tragedia dello sterminio ebraico nell'Europa di Hitler diede solo un impuso a quel piano, lo rafforzò, ma non lo partorì.
Va compreso da chiunque desideri capire l'intrattabilità odierna del conflitto israelo-palestinese, che i torti più macroscopici furono inflitti dalla parte sionista ai danni della popolazione araba di Palestina negli anni che vanno dagli albori del ‘900 ai primi anni '50. I ‘giochi' si fecero allora. Tutto quello che è accaduto in seguito, sono solo violente contrazioni e reazioni da entrambe le parti (col primato della violenza senza dubbio in mano ebraica) in seguito a quel cinquantennio di orrori e di grottesche ingiustizie patite dai palestinesi nella loro terra, perpetrati con la piena e criminosa collusione degli Stati Uniti e dell'Europa, ciechi sostenitori di Israele allora come oggi. Solo guardando il terrorismo palestinese con questa ottica si comprende come esso sia la reazione convulsa e disperata di un popolo seviziato oltre ogni possibile immaginazione da quasi un secolo, e non una peculiare barbarie islamica. E con la medesima ottica si comprende la follia ingiustificabile del piano sionista odierno, e la sua implacabile ingiustizia.
Ci sono le prove, nero su bianco, di quanto ho appena affermato, e tutte da fonte ebraica autorevole, fra cui le ammissioni e gli scritti degli stessi padri fondatori di Israele.
Solo chi ha l'onestà intellettuale di voler leggere quelle prove può oggi comprendere perché Israele non ha e non può avere un diritto giuridico e morale di esistere, ma solo un diritto di fatto. Nessuno Stato può pretendere di essere legittimato dalla comunità internazionale dopo essersi edificato sulle più abominevoli violazioni dei diritti fondamentali dell'uomo, su fiumi di sangue di innocenti, su una pianificazione perfida e razzista. Oggi Israele c'è, e non lo si può certo sopprimere come Stato. Il suo unico diritto di esistere si fonda su questo pragmatismo, e naturalmente sul diritto di esistere degli israeliani che lo abitano. In ciò, esso condivide la medesima problematica con gli Stati Uniti, nati sul genocidio dei nativi ma pragamaticamente ormai legittimati ad esistere.
Che i sopraccitati concetti lascino sconvolto e scandalizzato pressoché chiunque li legga, è solo dovuto al fatto che sulla vicenda israelo-palestinese la storiografia occidentale e i media ad essa asservita ci hanno raccontato sempre e solo menzogne, una colossale e incredibile mole di menzogne, talmente reiterate da divenire realtà per chiunque. Questa mia non è l'ennesima speculazione delirante su chissà quale complotto internazionale plutocratico-giudaico-massone, né una fantasticheria negazionista. Quanto vado affermando è frutto, lo ripeto, di una autorevolissima ricerca storiografica con al suo attivo nomi di enorme prestigio accademico, e quasi tutti di origine ebraica.
Pochi sono i casi nella narrazione delle vicende umane in cui, in seguito a un approfondimento moralmente onesto dei fatti, si viene a scoprire una realtà indicibilmente diversa da quella comunemente acquisita. Il conflitto israelo-palestinese è forse il caso più scioccante.
Vi propongo di seguito alcune tracce per cominciare a orientarsi. Potete leggere le parti che riguardano Israele nel mio “ Perché ci Odiano ” (Rizzoli BUR 2006), e la cronologia degli eventi di quel conflitto al termine del libro. Vi troverete un'ampia panoramica, sia storica che dei fatti meno noti e più sconcertanti, con una rigorosa documentazione al seguito. Poi, sempre nell'ambito della revisione storica degli eventi fondamentali del passato, ritengo imprescindibile il lavoro dello storico ebreo israeliano Ilan Pappe, e la lettura del suo “ La Pulizia Etnica della Palestina ” (Fazi Editore 2008). E ancora due libri fondamentali, fra le migliaia: “ Pity The Nation ” di Robert Fisk (Oxford University Press, 1990), che partendo dalla tragedia del Libano ci svela cose agghiaccianti del passato di Israele, e “ Palestine and Israel ” di David Mc Dowell (I.B. Tauris & Co. Ltd Publishers, London 1989), altra mole di dettagli e fatti taciuti e sepolti dalla storiografia ufficiale.
La letteratura disponibile in questa materia è sterminata, per cui mi limito qui a segnalarvi alcuni fra i più veritieri e coraggiosi autori che potrete cercare facilmente in Rete. Fra gli autori stranieri: Prof. Noam Chomsky, Prof. Norman Finkelstein, Tariq Ali, Uri Avnery, Akiva Orr, Prof. Adel Safty, Prof. Edward Said, Prof. Ur Shlonsky, Prof. Edward Herman, John J. Mearsheimer e Stephen M. Walt, Shraga Elam, Tanya Reinhart, Amira Hass, Prof. Avi Shlaim, Oren Ben-Dor, Gideon Spiro, Prof. Francis A. Boyle, Meron Benvenisti, John Pilger, Gideon Levy…
Per quanto riguarda gli autori italiani e i siti meglio informati, vi lascio al contatto con l'eccezionale ed enciclopedico Andrea Del Grosso e al suo www.hawiyya.org . Lì c'è tutto (e più di tutto) quello che deve essere saputo sul conflitto israelo-palestinese, con l'impareggiabile pregio di essere narrato e curato dallo studioso più vicino all'imparzialità che io abbia mai conosciuto in Italia.
Poi ci sono i siti stranieri, ancora un oceano di scelte, fra cui raccomando: http://www.zmag.org/znet , http://www.btselem.org/index.asp , http://www.jewishvoiceforpeace.org , http://zope.gush-shalom.org/index_en.html , http://www.kibush.co.il , http://rhr.israel.net , http://otherisrael.home.igc.org .
Infine vi lascio a una breve selezione di articoli e documenti dal mio archivio.
Articoli in ordine : 1) Ottimo CounterPunch sulle lobby ebraiche negli USA 2) Considerazioni da un ex insider americano sulla vicenda di Mordechai Vanunu e sul pericolo nucleare israeliano 3) Due righe di Gianluca Bifolchi su Furio Colombo e sulla sua love story con Israele 4) & 4 bis) Due interessantissime ricostruzioni di come Israele abbia creato Hamas e ne abbia poi perso il controllo 5) Impareggiabile testimonianza dell'ex partigiano d'Israele e storico Akiva Orr su come Tel Aviv si sia armata con l'atomica sotto il naso di tutto il mondo 6) Un mio editoriale apparso sul Manifesto durante la sanguinaria invasione del Libano da parte di Israele nel luglio del 2006.
Documenti in ordine : 1) Ottima sintesi storica delle origini del conflitto in Palestina/Israele, e altri contributi alla comprensione del conflitto, pubblicata da Jews for Justice in the Middle East (aggiornata al 2002, ma utile per il retroterra) 2) Interessantissimo punto di vista dall'interno dell'esercito USA sul problema nucleare Iran-Israele, redatto dal Strategic Studies Institute, U.S. Army War College 3) Una diversa sintesi storica del conflitto israelo-palestinese raccontata dal celeberrimo Uri Avnery, uno dei maggiori e più coraggiosi testimoni ebrei israeliani ancora viventi di tutta l'epopea di quelle terre dal 1948 a oggi 4) Un eccezionale documento originale del 1949: la notoria Legge sulle Proprietà degli Assenti che preparerà il terreno all'immane furto delle terre arabe sottratte dalla neonata Israele ai palestinesi fuggiti dalle loro case di fronte all'infuriare della guerra del 1948, ma soprattutto a causa della campagna di pulizia etnica condotta dai gruppi terroristici ebraici di allora 5) Infine, una mia lettara polemica a un gruppo italiano pro-Palestina che mi invitava a presenziare l'ennesimo convegno sul conflitto. Leggetela per comprendere come, tristemente, anche in questo caso in Italia chi si fregia del titolo di ‘attivista' mira a soddisfare innanzi tutto il proprio ego, e poi solo in secondo luogo e con estremo lassismo considera l'efficacia di ciò che fa, per non parlare del destino di coloro che vorrebbe ‘salvare'. La lettera contiene la mia proposta concreta per un attivismo efficace a favore della fine del conflitto in Palestina .
Ciò che sta accadendo da ormai 100 anni in quelle terre, è non solo una spaventosa tragedia di ingiustizia e di complicità internazionale nel perpetrarla, ma è anche la causa diretta della peggior minaccia alla pace dopo la fine della Guerra Fredda. La verità sulla genesi di quel conflitto va raccontata alle opinioni pubbliche fino in fondo, costi quel che costi, e giustizia va fatta, costi quel che costi. Tradotto: Israele ha torto marcio, e dovrà lavorare decenni per riparare all'orrendo misfatto della sua condotta in Palestina. Questo, per il bene dei palestinesi e degli israeliani in pari misura, perché senza giustizia, laggiù, nessuno avrà mai la pace. Che significa vita.
- CounterPunch sulle Lobbies israeliane (Pdf)
- Daniel Ellsberg su Vanunu (Pdf)
- Furio Colombo e Israele
- La nascita di Hamas 1
- La nascita di Hamas 2
- La nascita dell'atomica in Israele
- Editoriale Barnard sul Manifesto 2006
- Le origini del conflitto israelo-palestinese (Pdf)
- Studio del Pentagono sul nucleare in Iran (Pdf)
- Uri Avnery sulla storia del conflitto in Palestina (Pdf)
-La legge sulle proprietà degli assenti, 1949 (Pdf)
- Lettera e proposte di Barnard per un attivismo efficace sul conflitto

 

 

 

 

 

 
 

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